giovedì 20 dicembre 2012

Il Sistema federativo

Pubblichiamo qui di seguito un interessante saggio che propone una organizzazione socioeconomica diversa da quella del sistema attuale, basata su piccole comunità autosufficienti. E' un modello utopico quello proposto che però da un certo punto di vista può essere realizzato all'interno delle moderne comunità dei villaggi rurali nel rispetto delle basilari regole di cittadinanza. Buona lettura...

di Piero Nigra
I livelli sistemici
Tutto l'Universo è governato dalle stesse leggi fisiche alle quali sottostanno sia le entità più semplici che quelle più complesse. La natura deve però "faticare" per organizzarsi e mantenersi in strutture stabili di complessità crescente, lottando contro una sua stessa legge fisica, che vuole che dall’ordine si passi al caos e non viceversa, se non con l’impiego massiccio di energia. Senza scendere nei dettagli del processo evolutivo, basterà dire che la natura ha creato le strutture più complesse assemblando tra di loro le strutture più semplici prodotte in precedenza. "L'unione fa la forza" é il motto col quale si può identificare questo meccanismo, cioè l'associazione coordinata di elementi simili in grado di comunicare tra loro.


La tendenza di certe strutture ad associarsi é paragonabile a un buon investimento con alti tassi percentuali d'interesse, infatti, unire le proprie forze per far fronte agli stimoli ambientali significa ridurre notevolmente la quantità di energia individuale necessaria all'adattamento, anche se una parte di questa viene spesa per la stabilità dell'associazione. Più i rapporti tra le parti del tutto sono fitti minori sono le interazioni di ogni singolo elemento con l'ambiente esterno, perciò elementi che presi individualmente sarebbero in completo disadattamento, con l'aggregazione coordinata con altre unità simili, formano una struttura complessa e adattata con basse spese energetiche (per esempio le cellule del corpo umano). Un'associazione con queste caratteristiche può essere definita "sistema".
Non tutte le strutture tendono ad associarsi, infatti i rapporti con i consimili possono andare dall'isolamento assoluto (per esempio i cosiddetti gas "nobili") ad associazioni sporadiche e temporanee (come molte specie animali dove maschio e femmina si associano solo per il periodo riproduttivo), fino ad arrivare ad organizzare dei veri sistemi perenni e altamente stabili (per esempio una colonia di formiche). Solo i sistemi stabili possono associarsi con strutture simili a loro e formare un sistema di livello superiore, così le particelle sub-atomiche formano gli atomi, gli atomi le molecole, le molecole le macromolecole e così via... La natura ha quindi la struttura di una piramide dove il gradino più basso é la base per il gradino successivo, così fino a salire verso il vertice. Questo vertice, o ultimo gradino della piramide, é il sistema più stabile, complesso e meno dispendioso d’energia che potrebbe essere prodotto sul nostro pianeta e che riguarderà in modo diretto la nostra specie. Per chiarezza si può stilare una tabella assegnando un nome convenzionale ai livelli sistemici:
Componenti
Livello sistemico
QUARK
SUB-ATOMICO
PARTICELLE
ATOMICO
ATOMI
MOLECOLARE
MOLECOLE
MACROMOLECOLARE
MACROMOLECOLE
MICRORGANICO
MICRORGANISMI
CELLULARE
CELLULE
PLURICELLULARE
PERSONE
SOCIALE
GRUPPI SOCIALI
FEDERATIVO
FEDERAZIONI
PLANETARIO

Organizzazione interna di un sistema
Forse apparirà alquanto riduttiva questa classificazione, perché non contempla sistemi intermedi, ma si può spiegare che sono solo questi i gradini della "piramide" della natura. Un sistema, ad ogni livello, é organizzato in modo tale da garantirsi la massima funzionalità col minimo dispendio di energia, con la specializzazione dei ruoli tra i suoi singoli componenti e con la costituzione di sottosistemi parzialmente autonomi, via via più complessi secondo i livelli sistemici.
Queste strutture potrebbero essere considerate, esse stesse, dei sistemi intermedi solo se fossero strutturate per funzionare in modo indipendente, perché un sistema deve essere stabile e autosufficiente. Per esempio gli elementi atomici, secondo le loro dimensioni, si organizzano internamente stratificando in modo ordinato gli elettroni. Le "cortecce elettroniche", cioè un gruppo di elettroni di numero variabile che ruotano nella stessa orbita attorno al nucleo, sono un apparato funzionale che garantisce stabilità al sistema atomico, ma non potrebbero essere definiti sistemi intermedi (tra le particelle e gli atomi), perché non potrebbero esistere come entità indipendenti dall'atomo. Al di fuori di esso, infatti, l'ordinata "corteccia elettronica" diventerebbe uno sciame scoordinato destinato a sfaldarsi. Oppure negli organismi pluricellulari le cellule sono differenziate e specializzate e sono organizzate in ghiandole, tessuti, organi, apparati.
Queste strutture non possono però essere considerate sistemi intermedi tra la cellula e l'organismo pluricellulare perché dovrebbero, in tal caso, poter vivere in modo indipendente e non é certo il caso di una ghiandola linfatica, di un polmone o di un apparato digerente. Anche il sistema sociale dei raccoglitori é organizzato internamente per funzionare nel migliore dei modi. Oltre alla specializzazione biologica dei ruoli tra uomini e donne, oppure a specializzazioni culturali come il "consiglio degli anziani" (cioè la testa pensante del gruppo), gli apparati più efficienti che garantivano stabilità al sistema comunitario erano le famiglie, ossia gruppi di persone, uomini e donne, vecchi e bambini, strettamente imparentati tra loro, con una certa autonomia decisionale all'interno del gruppo.
L'uomo é un essere molto sociale proprio in conseguenza della sua struttura fisica relativamente debole, perciò ha bisogno della stretta collaborazione di un cospicuo numero di altre persone per far fronte alle avversità di un ambiente ostile. Ben difficilmente una singola famiglia potrebbe sopravvivere a lungo in una foresta vergine o in un arido deserto senza l'ausilio della tecnologia complessa o, comunque, senza il supporto del gruppo. Per queste ragioni la famiglia umana non può essere considerata un sistema sociale, ma un apparato funzionale del gruppo, ossia il vero sistema sociale umano (in alcune specie animali, la singola coppia formata da un maschio e una femmina può essere autosufficiente e durare tutta la loro vita, in questo caso si può definirla sistema sociale, ma é comunque molto raro in natura).
Stesso ragionamento si può fare per tutte quelle organizzazioni sociali come una catena di montaggio, una multinazionale o una nazione, perché non sono strutture perenni e non sono costituite da sistemi stabili. Anche se definissimo la civiltà globale un "superorganismo", soggetto anch’esso all’azione della selezione naturale, non la si potrebbe però definire "sistema globale", perché di un sistema non ha assolutamente le caratteristiche. Per esserlo dovrebbe essere composta di sistemi sociali umani stabili e autosufficienti, tanto quanto lo erano i gruppi di raccoglitori-cacciatori. I gruppi dovrebbero essere coordinati attraverso un unico tipo di informazione culturale ed avere un trattamento economico egualitario dentro il "superorganismo", anche se avessero ruoli diversi tra loro, tanto quanto possono averlo le singole cellule all’interno del corpo umano.
Mi sembra invece che la nostra civiltà, più che a un sistema, assomigli a una grossa infezione batterica che si espande sulla superficie del pianeta, dove i singoli batteri (gli individui umani) non sono in grado di collaborare tra loro coordinando i loro sforzi. Come batteri le persone si ammassano in modo disordinato in agglomerati urbani, piccoli o giganteschi, dove esiste competizione individuale selettiva per la sopravvivenza. E’ ovvio che il proliferare di questa massa informe, se fosse solo il prodotto del puro caso, non potrebbe far altro che corrodere le risorse del pianeta e poi soffocare anch’essa sotto il peso dei suoi rifiuti.
Il paradosso della storia
La storia umana ha fatto sorgere un paradosso: il meccanismo della costituzione di livelli sistemici via via superiore avrebbe dovuto produrre delle federazioni perenni, stabili e funzionali, costituite da gruppi sociali anch'essi sistemi stabili, invece abbiamo visto che non solo il sistema federativo non si é affermato, ma il processo di civilizzazione ha portato addirittura alla disgregazione del gruppo sociale. Si é dunque inceppato questo meccanismo o non esiste nessun "progetto" creativo della natura e tutto é affidato al puro caso? Affatto! Può sembrare una contraddizione che per costituire un sistema di livello superiore sia necessario disgregare prima il sistema di livello inferiore, ma é esattamente ciò che é avvenuto ogni volta che alla piramide della natura é stato aggiunto un gradino.
Per esempio, quando alcuni atomi si accingono ad aggregarsi per costituire una molecola devono cedere o acquistare elettroni, modificando la loro identità, ossia la loro carica elettrica, diventando ioni positivi e ioni negativi. A quel punto saranno attratti reciprocamente, si divideranno le orbite di parte dei loro elettroni esterni e questo sarà il loro legame. Questo processo, che definiamo "reazione chimica", dura un attimo impercettibile ma é occorso un tempo enorme affinché fosse possibile la formazione di composti chimici di una certa complessità, che é avvenuta solo col progressivo raffreddamento della superficie della Terra.
Fin tanto che persistevano condizioni di alta temperatura gli atomi della primordiale atmosfera erano per lo più allo stato di plasma ionizzato. Oppure il tempo che intercorre tra il concepimento e la nascita di un essere umano riassume tutta la trasformazione progressiva degli organismi pluricellulari, per effetto della continua differenziazione cellulare. Per specializzarsi dentro il collettivo le singole cellule hanno dovuto mutare progressivamente la loro identità e il loro modo di comunicare. O, ancora, i rapporti tra le persone avvengono attraverso scambi culturali, perciò, per far parte di un sistema sociale come un gruppo di raccoglitori-cacciatori, é necessario che l'identità degli individui sia plasmata con l'apprendimento della cultura del gruppo.
Questo processo cognitivo, che chiamiamo “educazione”, é la sintesi della fase in continuo fermento che dai primi mammiferi sociali ha portato al gruppo sociale umano. Per costituire il livello sistemico federativo non dovrebbe quindi apparire strano che sia stata necessaria la perdita d'identità del gruppo sociale umano, che é iniziata con la sua stessa storia. Guardando la natura possiamo capire che la storia umana non é qualcosa di separato dal contesto naturale, perché ogni livello sistemico si é formato attraverso una sua “storia”, che per molti versi non é dissimile da quella umana. Ognuna di queste storie é caratterizzata da lunghi periodi d'instabilità e da immane violenza.
Purtroppo la nostra civiltà può essere ancora foriera di tragedie epocali, proprio perché la storia umana non si discosta dalle storie che l'hanno preceduta. Prendiamo per esempio il livello sistemico pluricellulare, che dalle prime aggregazioni cellulari ha portato alla formazione dell'essere umano. La “storia” degli animali e delle piante é costellata di rivoluzioni, di precarietà, di rapporti violenti e di difese altrettanto violente, che hanno portato all'estinzione in massa di specie, generi, famiglie, ordini, sottoclassi. Oppure se guardiamo il livello sistemico atomico, possiamo notare che gli elementi atomici pesanti si sono potuti formare solo con la fusione nucleare di elementi più leggeri, dovuta all'enorme pressione causata dall'esplosione di "supernove" (stelle molte volte più grandi del sole). Viene spontaneo chiedersi perché é necessaria tanta violenza in natura, se l'evoluzione procede effettivamente secondo una logica programmatica.
In realtà la natura procede a "tentoni", valutando a posteriori ciò che é bene e ciò che é male, però, anche se il caso e la selezione hanno la funzione di sperimentare ogni via possibile, il traguardo sarà sempre il sistema più complesso, più stabile e meno dispendioso, che é consentito a un determinato livello sistemico. Nel caso della storia umana, questo sistema non potrà essere che la federazione dei gruppi sociali. La lunga fase di trasformazione di ogni livello sistemico ha una durata inversamente proporzionale alla sua complessità: più é semplice il livello, maggiore é stato il tempo della sua evoluzione. Tutto sommato la storia umana é un periodo evolutivo relativamente breve, ma sufficiente per il passaggio dal sistema sociale al sistema federativo.
La comunicazione
Era veramente necessario disgregare il gruppo, per produrre delle federazioni stabili? Sì, lo era. Non avrebbe potuto potenzialmente formarsi un "superorganismo" planetario, o meglio, un sistema planetario, semplicemente aggregando tutti i gruppi sociali ancestrali, senza passare attraverso le immani sofferenze che hanno caratterizzato la nostra storia? No, non sarebbe stato possibile. Se lo sgretolamento del gruppo sociale non é stato un processo casuale, ma un disegno mirato, ora cercherò di spiegarne le ragioni. La facoltà di collaborazione dei singoli elementi di un sistema si fonda sul fatto che tutti gli elementi "parlano" la stessa lingua e sono perfettamente in grado di capirsi, perché sono in possesso della stessa informazione. Per esempio, c'é uno stretto rapporto tra le particelle nucleari di un atomo e gli elettroni che vi ruotano attorno alla velocità prossima a quella della luce.
La comunicazione tra protoni nucleari ed elettroni é fondata su campi elettromagnetici. I protoni (che hanno una massa enormemente più elevata degli elettroni) hanno una carica elettrica positiva e attraggono verso di loro gli elettroni, che hanno una carica elettrica negativa. Questi ultimi non vanno a conficcarsi violentemente nel nucleo perché la forza centrifuga, prodotta dalla loro rotazione, li spinge verso l'esterno. Attrazione e fuga si bilanciano ad una certa distanza dal nucleo e questa é appunto l'orbita dell'elettrone, secondo il suo livello energetico.
Ogni sistema, in misura proporzionata alla sua complessità, ha diversi canali interni di comunicazione, di velocità variabile secondo la loro funzione, ma é assolutamente indispensabile che esista almeno una forma di comunicazione immediata e diretta tra i componenti. Una comunicazione efficiente, rapida e reale tra i suoi elementi é alla base del buon funzionamento di un sistema. Anche un organismo pluricellulare deve la sua stabilità all'efficace comunicazione tra le sue cellule. Attraverso i canali sanguigni e linfatici sono inviati messaggi chimici che regolano il flusso dei materiali necessari al metabolismo e all'igiene delle cellule (comunicazione lenta); mentre tutte le funzioni motorie e sensoriali sono governate attraverso stimoli elettrochimici delle cellule nervose (comunicazione rapida), ramificate in tutto l'organismo e collegate, in ultima analisi, col cervello.
Un gruppo di raccoglitori fondava la sua stabilità sullo scambio d'informazioni non genetiche tra i suoi membri, frutto di una cultura che si é accumulata soprattutto per le esperienze delle generazioni precedenti. Il gruppo era quindi un sistema sociale che sopravviveva nel tempo anche dopo la morte progressiva delle persone che lo componevano e si riproducevano dentro di esso. Una comunicazione lenta poteva avvenire da persona a persona, per esempio, con lo scambio di parole o gesti o simbolismi, mentre una comunicazione rapida poteva avvenire, per esempio, con l'urlo d'allarme di una sentinella, oppure coi "tam tam" o segnali luminosi, per mettere velocemente in contatto i membri che erano momentaneamente dispersi nel territorio.
Ora veniamo ad un punto importante. Per diventare un sistema stabile e funzionale la federazione di gruppi sociali avrebbe necessariamente dovuto far uso di vari canali di comunicazione tra i gruppi, almeno uno dei quali doveva essere una forma diretta e immediata. I vari gruppi sociali della federazione potevano tenersi in contatto, per esempio, con l'invio di staffette, oppure, attraverso vari ponti ripetitivi, erano lanciati messaggi sonori o visivi che potevano attraversare valli e montagne, ma erano necessari tempi relativamente lunghi per informare tutti i gruppi nei loro specifici territori. Non c'era assolutamente modo, però, di effettuare una comunicazione rapida che potesse informare in modo immediato tutti i gruppi. Per questo l'aggregazione dei gruppi sociali dei raccoglitori-cacciatori non si é mai trasformata in un sistema federativo stabile e funzionale. La natura però non si é fermata davanti a questo ostacolo e, se le potenzialità umane erano insufficienti allo scopo, ha fatto in modo che l'uomo producesse un supporto esterno alle sue potenzialità biologiche di comunicazione: la comunicazione tecnologica! Questo presuppone che l’uomo sia stato e sia lo strumento principe di un disegno evolutivo mirato che scavalca la sua volontà, pur facendo leva sui suoi bisogni e desideri immediati.
La disgregazione del gruppo
Il tentativo di costituire federazioni stabili é stato la causa diretta della disgregazione del gruppo sociale, vale perciò la pena di soffermarsi su questo punto. Il sistema federativo si riscontra già in alcune specie di formiche che, in determinate occasioni, formano delle associazioni di colonie che raggruppano fino a decine di milioni d'individui. Le colonie sono autosufficienti da ogni punto di vista ma sembra esserci un accordo sottinteso di abbattimento delle frontiere e le bottinatrici di una colonia sono libere di attraversare il territorio di un'altra colonia senza il rischio di essere aggredite. Senza dubbio il comportamento supersociale di queste specie di formiche ha origine genetica e fanno ciò che il loro istinto dice di fare, fin dalla nascita. Più si sale la scala biologica degli esseri viventi più il comportamento diventa di origine culturale (deve cioè essere appreso) e la scomparsa di federazioni perenni tra gli animali sociali dimostra quanto sia difficile costituire queste super organizzazioni basandosi solo sull'apprendimento, nonostante il chiaro vantaggio adattante.
Solo nella specie umana esistevano (ed esistono) le possibilità di costituire delle federazioni di gruppi sociali utilizzando una cultura comune. Far parte di una di queste federazioni significava, per gli antichi raccoglitori-cacciatori, poter rispondere con successo a delle mutazioni ambientali improvvise, come un incendio o un'alluvione, che compromettevano l'habitat del territorio di un gruppo; oppure far fronte alle minacce militari dei gruppi culturalmente diversi, perché si aveva un grande vantaggio numerico in un'eventuale guerra di confine.
Una così complessa organizzazione sociale doveva comportare una parallela organizzazione gerarchica per essere veramente funzionale. Allo scopo era indispensabile una lingua comune e un "credo" religioso poteva fornire le regole di vita comuni, le leggi comportamentali che fungevano da cemento culturale per un popolo in formazione. Nascevano così i primi ruoli specializzati (cioè persone adibite a tempo pieno a un'unica mansione): i capi militari e i "sacerdoti". E' stata proprio questa organizzazione sociale militare che ha scombussolato la struttura comunitaria del gruppo. Le armi, che prima erano sufficienti per le piccole battaglie di confine e per cacciare la selvaggina del territorio, hanno dovuto subire delle innovazioni tecnologiche.
Contro un nemico organizzato militarmente e deciso di assicurare la propria supremazia ai danni dei popoli culturalmente diversi, non c'era alternativa a quella di organizzare altrettanto bene la propria struttura gerarchica militare-religiosa. Mantenere soldati e sacerdoti a tempo pieno accresceva di molto la spesa energetica per l'adattamento, anche se assicurava stabilità alla federazione. Questo problema poteva essere risolto solo trovando il modo di trarre maggiori risorse dall'ambiente del territorio. L'agricoltura e l'allevamento del bestiame hanno presto sostituito, o perlomeno integrato, rispettivamente la raccolta di vegetazione spontanea e la caccia alla selvaggina.
L'avvento di queste forme economiche ha fatto sorgere i primi insediamenti stabili ed é nato il concetto di proprietà privata, sia individuale sia collettiva. Un gruppo di raccoglitori é nomade dentro dei confini territoriali e difende dagli altri gruppi uno spazio che per lui é necessario, ma non ha legami con il terreno che può abbandonare, a sua discrezione, senza alcun danno. Difendere il possedimento della terra é diventato invece, per gli agricoltori e gli allevatori una condizione di importanza vitale. Il confine territoriale non era più simbolico ma era tracciato materialmente (per esempio con filari di alberi o canali d'irrigazione) oppure si avvaleva di punti di riferimento geografici, come fiumi o colline.
Con gli insediamenti stabili regrediva il nomadismo e il gruppo sociale perdeva progressivamente il suo significato di entità autosufficiente e stava diventando, semmai, un semplice aggregato di famiglie autonome dal punto di vista alimentare, ma che pagavano alla federazione un tributo di alimenti e di uomini necessari alla difesa. Poiché la difesa degli insediamenti stabili e la costruzione di strumenti bellici impiegavano sempre più tempo ed energie umane, era indispensabile mantenere le stesse produzioni alimentari con meno personale e anche gli strumenti di lavoro, come le armi, hanno dovuto subire delle innovazioni tecniche. Strumenti di metallo hanno alla fine sostituito quelli di legno, di pietra o di osso lavorato e altri ruoli specializzati si sono aggiunti ai precedenti. In questo modo si é innescato il processo tecnologico.
I raccoglitori-cacciatori
Insisterò tanto sul concetto di raccoglitore-cacciatore perché é l’elemento chiave per la definizione della reale natura umana. Questa figura preistorica é quello che potremmo definire un “uomo naturale”, perché ancora non ha intrapreso nessun processo manipolatore nei confronti dell’ambiente del suo adattamento e mantiene intatta la sua originaria struttura sociale. Per definizione il raccoglitore é colui che vive prelevando dalla natura tutto quanto di cui necessita, in modo “ecologico”, non distruttivo.
Che l’agricoltura e l’allevamento sia stati positivi per l’economia del raccoglitore é una tesi che si può facilmente confutare. Ad esempio i reperti fossili di raccoglitori-cacciatori europei del paleolitico dimostrano chiaramente che la loro statura media era alta quasi 20 centimetri più di quella dei contadini-allevatori del medio evo (solo ora l’altezza media é ritornata ai quei valori antichi). Già questo evidenzia una qualità della vita alquanto diversa tra queste due figure economiche. Inoltre, un raccoglitore-cacciatore é in grado di procacciare gli alimenti per sé, per la sua famiglia e a contribuire al mantenimento degli individui meno fortunati del gruppo, lavorando solo poche ore al giorno. Ben diversa é la situazione in molte parti del mondo, dove una miriade di persone é costretta a effettuare estenuanti turni di lavoro in cambio di un compenso che é ai limiti della sussistenza.
Calamità naturali come incendi, inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, avevano effetti contenuti in gruppi che non avevano insediamenti stabili, ben lungi dagli effetti disastrosi di un terremoto o un'alluvione in grossi centri urbani attuali. I raccoglitori-cacciatori vivevano perfettamente integrati nel loro habitat e l'adattamento prolungato a un determinato tipo di ambiente ha permesso l'immunoresistenza agli agenti patogeni del luogo. Le malattie infettive erano cosa sconosciuta, o quasi, fino a quando tipi umani sufficientemente diversi geneticamente sono venuti a contatto tra loro. Ben diversa é la situazione nella nostra società consumistica, basta pensare alla rapidità di diffusione e ai danni umani ed economici che può causare una "semplice" epidemia influenzale.
Le variazioni genetiche negative che un tempo erano eliminate dalla selezione naturale ora possono riprodursi col sostegno della tecnologia e le malattie ereditarie, lievi e meno lievi, stanno insinuandosi lentamente ma inesorabilmente nel codice genetico della nostra specie. Se ora l'uomo consumista sarebbe un disadattato ambientale senza l'ausilio della tecnologia, senza la stessa tecnologia potrebbe diventare un disadattato genetico in qualsiasi tipo di ambiente. La tenacia con la quale gli ultimi popoli "primitivi" difendono la loro integrità culturale dall’assedio della "civiltà" dimostra quanto quest’ultima non sia di nessun giovamento per la qualità della loro esistenza. E’ più logico pensare, quindi, che il passaggio da un’economia di raccolta a un’economia agro-pastorale sia stata una costrizione, piuttosto che una miglioria programmata.
L’illusione tecnologica
La tecnologia serve all'uomo per mediare la distanza tra il suo ambiente artificiale e la sua organizzazione sociale e a soddisfare i bisogni che da questo rapporto derivano. Fatto é che l’uso di strumenti tecnologici provoca delle modifiche ambientali e sociali che, a loro volta, creano bisogni nuovi e diversi che solo l’uso di tecnologia ancora più complessa può soddisfare. I cambiamenti ambientali e sociali sono dunque la molla che fa da incentivo all'evoluzione tecnologica, ma poiché ambiente e struttura sociale subiscono modifiche proprio per opera della tecnologia, é come se la tecnologia facesse evolvere se stessa disadattando l'uomo e poi riadattandolo al suo ambiente artificiale, in un processo sempre più rapido, nel quale egli è protagonista ma non regista.
E’ l'illusione che la tecnologia possa guarire i suoi mali che spinge l’uomo ad affidarsi sempre di più ad essa. La diversa disponibilità di risorse pro capite tra paesi industrializzati e paesi sottosviluppati é il risultato diretto dei rapporti culturali ed economici tra paesi dominanti e paesi culturalmente ed economicamente dominati. Chi detiene il potere tecnologico impone la supremazia culturale ed economica: vi è opulenza nei paesi industrializzati perché c'è penuria nei paesi sottosviluppati. La tecnologia non potrà ridurre il dispendio energetico per l'adattamento al pianeta Terra dell'umanità, presa nel suo complesso, per la semplice ragione che per produrre tecnologia occorre un dispendio energetico pari al vantaggio energetico che la tecnologia può dare. "L'energia non si può creare né distruggere, ma solo trasformare". Ad esempio, una pala meccanica manovrata da un uomo in un'opera di sterramento, esegue, a parità di tempo, un lavoro equivalente a quello di decine di uomini equipaggiati solo di badile. Apparentemente c'è un vantaggio energetico abissale, ma consideriamo prima l'iter per produrre la pala meccanica.
Tutte le fasi per il reperimento delle materie prime, per la progettazione, per la costruzione dei singoli pezzi e il successivo assemblaggio, comportano ognuna un costo e un utilizzo di personale umano, alle quali devono essere aggiunte varie mediazioni di mercato e il trasporto in loco. A conti fatti, la quantità di energia necessaria per la messa in funzione, per la manutenzione e per il rifornimento di carburante della pala meccanica, per eseguire un determinato lavoro, equivale all'energia spesa dalle squadre di sterratori armati di solo badile. Lo strumento tecnologico é quindi un "pacchetto" di energia umana e materiale, precedentemente accumulata, utilizzabile al momento opportuno. Ciò che ne deriva é la maggiore competitività economica di chi é in possesso di tecnologia complessa.
E' stata la competitività economica la causa del travaso d’energia da una parte all'altra del pianeta, col risultato evidente di aver impoverito alcune zone per arricchirne altre. C'è sempre maggior divario tecnologico tra nazioni ricche e nazioni povere, tra individui ricchi e individui poveri e questa tendenza appare immutabile. L'alternativa sarebbe un'equa distribuzione delle risorse, ma questo non é contemplato negli indirizzi della nostra società e del nostro modo di vivere, perché la competizione economica é lo stimolo numero uno all'incentivazione tecnologica.
Se la tecnologia fosse effettivamente uno strumento in mano all'uomo e servisse veramente a ridurre il dispendio energetico per l'adattamento al suo ambiente, si potrebbe pensare ad una specie umana in grado di autodeterminarsi senza gravare sull'ecosistema e sui singoli individui, ma le cose stanno andando ben diversamente. Purtroppo il benessere delle nazioni industrializzate è compensato dall'affossamento della dignità e dei più elementari diritti di molti esseri umani dei paesi sottosviluppati e, non ultimo per importanza, dal deterioramento generale della superficie del globo terrestre. Tutto ciò in virtù della corsa all'accaparramento di "pacchetti" di energia tecnologica, che é denominata "legge di mercato", che mette le nazioni, i gruppi istituzionali e gli individui uno contro l'altro, estraniando l'intera umanità dalla sua naturale predisposizione genetica alla socialità.
Caso e progetto
Poiché, come abbiamo visto, la tecnologia non é servita a migliorare le generali condizioni di vita umane, é ragionevole pensare che non é per nostro diretto beneficio che essa si sia sviluppata, ma appunto per produrre una comunicazione idonea al conseguimento di un livello sistemico superiore. Una comunicazione artificiale che si fonda sull'emissione e la ricezione di onde elettromagnetiche non solo potrebbe permettere la formazione del livello sistemico federativo, ma anche il gradino successivo, cioè l'aggregazione coordinata e totale di tutte le federazioni umane della Terra: il sistema planetario. Questo e solo questo può essere il vero scopo dell'evoluzione tecnologica.
Se l'intelligenza dell'uomo non fosse stata sufficiente ad aggregare dei gruppi di raccoglitori-cacciatori, nel tentativo (materialmente impossibilitato al successo) di produrre delle federazioni stabili, il gruppo stesso non si sarebbe disgregato e non sarebbe mai stato necessario iniziare il progresso tecnologico. Diventa perfino difficile non individuare in tutto questo un processo scontato, anche tenendo conto che le civiltà sono sorte in più punti del globo terrestre, in maniera del tutto indipendente tra loro. L'uomo poteva scegliere, secondo il suo libero arbitrio, qualsiasi percorso diritto o tortuoso, era il caso a scegliere i modi, i tempi e i luoghi, ma egli potrà approdare, alla fine, solamente nell'ordine meno dispendioso d'energia.
Può apparire inverosimile che per produrre un sistema che risparmia energia sia necessario fare uno spreco almeno pari all’energia che si potrà risparmiare, ma la natura é fatta in questo modo, l’ha dimostrato ogni volta che ha iniziato il processo per la formazione di un sistema di livello superiore. La storia umana é solamente una temporanea perdita d’identità del gruppo sociale necessaria per dare inizio alla creazione di un livello sistemico superiore: la federazione dei gruppi. E' proprio questo carattere di temporaneità che può ingannarci e pensare che la negatività della natura sia una sua scelta definitiva.
Ogni volta che c'é un cambiamento finalizzato a delle migliorie, come per esempio la ristrutturazione di una casa, il cambio di gestione di un'azienda, il rifacimento di una strada pubblica…. avviene una temporanea perdita d'identità della vecchia struttura, che determina instabilità ambientale, sociale, economica. Anche se possiamo riconoscere, se non una funzione, almeno una giustificazione per l’attuale sfacelo umano, resta da dire che l'autodistruzione della nostra specie é realmente possibile, perché gli "esperimenti" della natura non vanno obbligatoriamente sempre a buon fine.
Qualsiasi sistema naturale non é una struttura rigida, ma può modificare le sue caratteristiche con un certo grado di tolleranza. Ad esempio una semplice proteina, sottoposta a un aumento di temperatura, inizia a districarsi dal suo groviglio apparente (che in realtà é la forma meno dispendiosa di energia) e tende a distendersi. Se la temperatura ridiscende ai valori normali, la proteina é in grado di ritornare senza danni alla sua forma originale, ma se la temperatura sale oltre una certa soglia, la proteina si disgrega in modo irreversibile. Non c'é nessun meccanismo naturale che può proteggere la nostra specie e impedirgli quindi di superare quella soglia di tolleranza senza ritorno, ma, se le cose andranno secondo la logica che ha sostenuto la natura fino ad ora, dovremmo aspettarci la formazione di nuovi gruppi sociali, col chiaro proponimento di aggregarsi in federazioni stabili e dare inizio a un nuovo corso evolutivo.
I nuovi gruppi sociali
In un futuro non lontano il livello tecnologico potrebbe garantire la comunicazione necessaria per fare di una semplice aggregazione di gruppi sociali un vero sistema federativo, ma nello stesso tempo non esistono più (o non esistono ancora) i gruppi da aggregare. Sappiamo che gli ultimi gruppi di raccoglitori (ancora i soli sistemi sociali umani a tutti gli effetti) stanno ormai scomparendo e, in ogni modo, sono proprio loro i soli a non sapersi servire di tecnologia complessa. E' evidente che non saranno loro a iniziare la costituzione del livello sistemico federativo, ma saranno nuovi gruppi sociali che avranno modificato la loro "identità" rispetto agli antichi gruppi umani.
La natura ci dimostra che i grandi cambiamenti non sono mai venuti dal "vertice" ma dal basso. Infatti, per la costituzione di un sistema di livello superiore concorrono elementi che non necessariamente si evidenziano per le loro dimensioni o per il loro grado di dominanza, ma per la facilità con la quale collaborano con i propri simili e per il tipo d'informazione di cui sono in possesso. Per esempio solo alcuni elementi atomici, che potremmo definire particolarmente "sociali", come l'idrogeno, il carbonio, l'azoto, l'ossigeno, possono dar corpo alla maggior parte delle molecole presenti in natura, comprese le molecole della vita. Tra l'enorme varietà di ceppi batterici, solo i mitocondri, che in sostanza sono batteri di piccole dimensioni, apparentemente insignificanti, hanno avuto le qualità per costituire la cellula nucleata. Solo un tipo di cellula nucleata, tra tutti gli organismi unicellulari, é stata abbastanza "sociale" da poter dar corpo a tutti gli animali.
La ricostituzione dei gruppi sociali non avverrà perciò per iniziativa di qualche governo nazionale o di qualche ente pubblico. Non avverrà neanche per la semplice addizione d'individualità culturalmente diverse spinta dal desiderio d'ipotetici vantaggi economici, ma da persone libere dalle influenze culturali dell'economia di mercato e desiderose di poter esprimere pienamente quella che é la reale natura umana: la socialità. Queste entità sorgeranno perché gli individui che le costituiranno rifiuteranno la cultura dominante della competizione e fonderanno invece la loro ragione di vita sulla collaborazione.
E' evidente che non potrà esserci un mutato rapporto con la natura se non muteranno i rapporti sociali tra le persone, per cui non avrebbe senso parlare di gruppi senza parlare di struttura sociale comunitaria. Vorrei precisare che per esperienza comunitaria non intendo né una struttura socio-economica ideologizzata e calata dall'alto da un potere centrale che controlla perfino la libertà individuale, né una "comunità", intesa come una struttura assistenziale o terapeutica, che serva solo da rifugio temporaneo all'emarginazioni prodotte dal sistema economico competitivo.
Queste esperienze comunitarie dovrebbero necessariamente partire dal basso, essere in sintonia con l'ambiente naturale, puntare all'autosufficienza (almeno per il soddisfacimento dei bisogni primari), socializzare la proprietà (tenendo conto del necessario spazio individuale), essere solidali con altre esperienze simili. Sono convinto della fattibilità di questi ipotetici accadimenti perché é la natura stessa che é strutturata in questo modo, in tutti i suoi livelli di complessità. Nel suo divenire la natura ha conservato solo le strutture più stabili e meno dispendiose di energia, le più idonee per affrontare una determinata pressione ambientale: non é certo casuale se lo spirito comunitario é il fondamento evolutivo.
I confini naturali
Presi dai problemi oggettivi che ci crea la "modernità "non riflettiamo mai abbastanza sul "Tutto" come tale, per cui era conseguenza inevitabile un progressivo impoverimento del rapporto uomo-natura. Essendo l'uomo nella natura, prodotto della natura, l'uomo non può riflettere su sé senza riflettere sul suo rapporto con la natura, anche se per natura dobbiamo intendere non soltanto l’ambiente del nostro antico adattamento, ma, in modo specifico, l’insieme di leggi che regolano la dinamica dell’universo. L’uomo può manipolare l’esteriorità della natura, ma non potrà mai modificarne le leggi fisiche. Proprio alla luce di una suprema unità, la totalità universale, apparirà evidente che la nostra specie non é una "scheggia impazzita" (termine politico in voga negli anni settanta) sfuggita al controllo della natura, ma é addirittura un suo strumento evolutivo.
Di solito, attribuire una finalità, o perlomeno un senso all’evoluzione della materia, é vista per lo più con sospetto dalla scienza ufficiale, forse perché una consapevole autolimitazione annulla l'idea di dominio dell’uomo sulla natura e focalizzerebbe l’attenzione su un altro fattore che prepotentemente si porterebbe alla ribalta: il rapporto d’interessi tra scienza e potere politico ed economico. Una visione antropocentrica pone un limite fisico all'evoluzione della materia, e considera l’essere umano come l'ultimo stadio logico dell'evoluzione, il suo traguardo finale. In realtà la nostra specie é una tappa transitoria dell'evoluzione della natura, la sua "fase" biologica, di cui ne é l'apice invalicabile, il suo "non plus ultra".
Ciò non deve sorprendere, visto che ogni livello sistemico ha dei limiti fisici invalicabili. Il confine, infatti, é raggiunto quando una struttura perde energia nell'ambiente esterno più di quanta possa recuperarne, mettendo così a repentaglio la sua stabilità. Per esempio gli elementi atomici sono costituiti in ordine progressivo dal numero 1 (idrogeno) al numero 92 (uranio): oltre a queste dimensioni e complessità la struttura atomica non é andata per ragioni di stabilità. Gli elementi atomici transuranici che l'uomo ha prodotto artificialmente sono molto instabili e radioattivi. Questo spiega perché ogni livello sistemico ha delle dimensioni finite, oltre alle quali non potrebbe sopravvivere.
C'é una regola che a questo proposito vale per tutti i livelli sistemici: più i componenti si allontanano tra loro, o se si vuole, la periferia si allontana dal centro, più aumentano le difficoltà di comunicare in tempi reali tra i singoli elementi del sistema e la struttura é facilmente disgregabile dagli agenti ambientali. Così, ad esempio, la necessaria comunicazione tra il nucleo e i vari componenti cellulari, compresa la membrana esterna, ha fatto sì che la cellula non potesse crescere a dismisura ma avesse le dimensioni più funzionali possibili: appunto quelle che ha, né più grandi, né più piccole. Anche l'antico gruppo dei raccoglitori-cacciatori era un sistema sociale di dimensioni e complessità ben delimitate. Troppo piccole sarebbero state strutturalmente carenti, non in grado di garantirsi l'autosufficienza; troppo grandi sarebbero state dispersive, non in grado di garantirsi la stabilità. Se, nell’arco delle generazioni, il numero dei componenti di un gruppo saliva oltre una certa soglia (di solito non più di cento), si costituivano due gruppi indipendenti e autosufficienti, che mantenevano comunque stretti rapporti sociali (e di parentela). Se eventualmente il numero scendeva sotto una soglia minima, per qualche trauma imprevisto, era prevista la fusione in un altro gruppo con affinità culturali e genetiche. Il senso del limite é dunque un fondamento dell'evoluzione della natura, e anche i limiti della nostra specie hanno una loro logica.
Homo Sapiens Sapiens
Capire perché e come si é evoluta biologicamente la specie umana, e come e perché questa evoluzione si é arrestata, servirebbe a limitare la nostra presunzione di creazione speciale, separata da un contesto più ampio dell’evoluzione della natura. Vale quindi la pena di entrare più specificamente in questo argomento. La natura é una speciale macchina in costruzione con la particolarità di costruirsi da sola i pezzi di ricambio e le innovazioni tecniche.
Nel prototipo di una qualunque macchina le parti più collaudate e risultanti funzionali non sono più modificate o, al più, solo ritoccate, mentre le parti sperimentali sono continuamente modificate o addirittura stravolte nel loro principio funzionale, fino a quando si potrà trarre da loro il maggior vantaggio economico. Al pari di una macchina, la natura continua a modificare la sua parte sperimentale, mentre conserva immutate, o quasi, le sue parti collaudate, perché economicamente valide.
C'è stato un momento evolutivo nel quale la specie umana era la parte sperimentale in continua trasformazione. Questo processo é continuato fin quasi all'inizio della sua storia, dopo di che, la sua struttura biologica e intellettuale, non ha più subito trasformazioni innovative economicamente valide e la tecnologia l'ha sostituito nel ruolo di parte sperimentale dell'evoluzione. I reperti fossili non fanno completa chiarezza sulla nostra origine filogenetica e non sappiamo con certezza quali specie di ominidi estinte rappresentino la radice del nostro albero genealogico e quali, invece, ne sono i rami secchi.
Quel che é certo é che il genere Homo é ormai da parecchi millenni rappresentato da un'unica specie vivente: Homo Sapiens Sapiens, distribuita su tutta la Terra con tutte le varianti genetiche caratteristiche di ogni tipo umano o razza. La caratteristica più evidente dell'evoluzione degli ominidi, in definitiva la loro prerogativa, é stata la rapida espansione della capacità cranica, sinonimo di sviluppo intellettuale. Il cervello umano, da un certo punto evolutivo, ha subito una crescita vertiginosa che l'ha differenziato nettamente da quello di ogni altra specie animale, per poi subire un brusco rallentamento e infine un blocco totale che perdura tuttora. Se l'evoluzione di quest'organo fosse continuata con lo stesso ritmo, a quest'ora dovremmo possedere un cervello all'incirca doppio di quello attuale, invece é evidente che é da parecchie migliaia di anni che la capacità cerebrale dell'uomo non si evolve più, indipendentemente dalle strade adattative intraprese.
E’ importante indagare su questo aspetto, perciò soffermiamoci un momento sul cervello e sulle ragioni che ne hanno determinato il blocco evolutivo. Innanzi tutto il cervello si può definire un accumulo di cellule nervose (o neuroni) in un punto specifico del corpo e ciò che ne determina la complessità e le potenzialità intellettive in ogni specie animale é, prima di tutto, la quantità di cellule nervose che compongono quest'organo. In questo caso é la quantità che fa la qualità. Va da sé che la specie umana é di gran lunga la più intelligente, proprio perché dotata di una quantità di cellule nervose molto superiore a ogni altro animale di pari dimensione.
Le cellule nervose
La struttura di un neurone si può paragonare a quella di un albero, con tanto di tronco e di ramificazioni (anche più di diecimila per i neuroni della corteccia cerebrale dell'uomo) e ogni ramo di ogni cellula nervosa può essere in contatto diretto con altri rami di altre cellule, formando una "rete" nervosa. Le cellule nervose adibite alle funzioni intellettive non si duplicano nel corso della vita dell'individuo, per questo il numero di cellule nervose di un neonato umano é pressoché identico a quello di un adulto. Il volume notevolmente più piccolo del cervello di un neonato, rispetto a quello di un adulto, é giustificato dal fatto che i suoi neuroni sono immaturi, molto meno ramificati, paragonabili a tenere pianticelle che ancora devono crescere. I rami crescono e si direzionano (quindi con specifici contatti con altre cellule nervose) con criteri logici e ordinati, in base alle esperienze quotidiane e le informazioni acquisite: in una parola, con l'apprendimento.
Non tutte le cellule nervose alla nascita sono tenere pianticelle, ma molte sono già alberi completi e frondosi, perché servono a regolare certe funzioni motorie e biologiche fondamentali per la vita dell'individuo, addirittura prima della nascita, durante lo sviluppo del feto. Così, quando un neonato umano viene alla luce, pur senza apprendimento, é in grado di utilizzare alcuni comportamenti "istintivi" indispensabili per la sua sopravvivenza, come la ricerca del capezzolo della madre, la capacità di aggrapparsi con le mani, la capacità di attirare l'attenzione col pianto e altri, proprio perché sono già presenti reti nervose complete e funzionanti allo scopo.
C'è una scala di complessità biologica progressiva delle specie viventi e gli animali che si trovano negli scalini più bassi, hanno un cervello dotato di un numero relativamente esiguo di cellule nervose e, quel che é più, già completamente ramificate alla nascita e non modificabili dalle esperienze, perciò quasi impossibilitati ad apprendere. Un qualunque comportamento impresso nel codice genetico di una specie, se risulta nel tempo economicamente valido, é utilizzato come risposta automatica per la soluzione di un determinato problema, dare però la stessa risposta a uno stimolo ambientale che varia nel tempo, equivale a un disadattamento crescente.
Per ovviare a questo inconveniente sarebbe opportuno poter modificare un comportamento innato e adattarlo alla variazione ambientale, potendo modificare la crescita delle ramificazioni delle cellule nervose destinate all’apprendimento. Ovviamente la possibilità di variare i comportamenti genetici che non sono più adattanti, con comportamenti appresi, é stata una grossa conquista evolutiva. C'é però uno scotto da pagare. Qual'ora queste cellule fossero danneggiate non potranno più essere duplicate, perché produrrebbero cellule immature che dovrebbero ricominciare il processo di apprendimento. Questo andrebbe a discapito della funzionalità di tutta la rete di comunicazione con le altre cellule, perché i suoi collegamenti (diversi dai precedenti perché frutto di situazioni irripetibili) andrebbero a interferire e a cortocircuitare altre funzioni comportamentali.
Per questa ragione la natura ha preferito impedire la duplicazione delle cellule nervose adibite all'apprendimento e trasmettere le informazioni, da una generazione alla successiva, per via culturale. Negli animali inferiori, la rigenerazione delle cellule nervose é consentita, perché si tratta di cellule già completamente formate. Noto é, per esempio, il fenomeno di ricrescita nelle stelle di mare che possono ricostruire completamente un loro braccio mancante e, addirittura, un individuo intero (anche se non perfettamente formato) dal braccio che é stato troncato. Questo fenomeno si attenua con la complessità delle specie, così che una salamandra può ancora ricostruirsi una zampa perduta o una lucertola la sua coda, ma entrambe non sono in grado di ricostruire un organo vitale.
Sviluppo intellettivo
C’é una costante nella scala delle specie viventi: più un comportamento genetico ha la possibilità di "smussarsi" per dare spazio a delle varianti apprese, più cresce il numero di neuroni interessati a perfezionare questa risposta comportamentale. Ciò può essere sinteticamente spiegato nel modo seguente. Dal concepimento in poi, durante lo sviluppo del feto, la duplicazione cellulare avviene con una precisa sequenza dettata dall'informazione genetica della specie.
La disposizione delle cellule e la loro differenziazione avviene come nell'assemblaggio di un "puzzle", dove ogni singolo tassello rappresenta un gruppo di cellule con uno spazio predeterminato da riempire. Una volta che questo spazio é riempito totalmente con la duplicazione cellulare, inizia la costituzione e l'assemblaggio di un tassello successivo (un esempio pratico si può notarlo con la cicatrizzazione delle ferite superficiali, dove le cellule interessate si duplicano a comando, fino a quando non avranno saturato lo spazio mancante, dopo di che smettono di duplicarsi).
Se durante il processo evolutivo di una specie, per un errore di trascrizione genetica, durante lo sviluppo del feto, anziché prodursi cellule nervose completamente mature (cioè alberi altamente ramificati e frondosi, ossia comportamenti genetici già funzionali) e comunicanti tra loro, si fossero prodotte cellule nervose immature (cioè come tenere pianticelle) con deboli collegamenti tra loro, la loro duplicazione sarebbe continuata fino a quando non si fosse riempito tutto lo spazio predestinato a quel tassello del "puzzle". Più le cellule nervose erano immature e più cresceva il loro numero, perché occupavano meno spazio.
Il risultato immediato era però la compromissione della funzionalità di un comportamento innato, causando di solito la morte dell’individuo portatore di questa anomalia, ma sarebbe potuta aumentare, in qualche caso, la potenzialità di variare e arricchire quel tipo di comportamento con l'apprendimento, fino a completa maturazione delle cellule nervose (cioè fino a quando tutte le pianticelle non fossero diventate grandi alberi). Questo poteva avvenire se già esisteva un certo grado di cura parentale (cioè la necessità di accudire i figli perché nati immaturi), come negli uccelli e nei mammiferi, soprattutto nei mammiferi sociali, così da tramutare un iniziale handycap in un vantaggio adattante. Questa anomalia genetica é probabile che sia apparsa e si sia riprodotta già decine di milioni di anni fa, ma solo tra i mammiferi con lunghe cure parentali ha potuto avere concreti risultati.
La quantità di comportamenti appresi e in definitiva la quantità di cellule nervose adibite all'apprendimento, é quindi legata direttamente alla quantità di comportamenti genetici "smussati", incompleti alla nascita. Tutti i comportamenti genetici che sarebbe stato vantaggioso modificare, nella specie umana sono stati modificati con l'apprendimento, per questo la nostra specie é la più adattabile tra le specie animali e dispone del cervello più voluminoso. Quando però di un comportamento genetico di stabile rimane solo la base piatta su cui deve poggiare il comportamento appreso (praticamente solo la radice su cui devono crescere il tronco, i rami e le foglie), significa che si é raggiunto il massimo grado di modificazione e non sono più possibili variazioni culturali.
La mancanza di specializzazione genetica nella specie umana si estende praticamente a tutte le sue funzioni comportamentali, per altro saturabili da un'infinità di comportamenti appresi. Nella nostra specie la cultura ha progressivamente sovrastato la predisposizione genetica comportamentale, man mano si sviluppava la corteccia cerebrale, al punto che ora, anche con una struttura biologica relativamente debole (anzi, proprio per questo che si é sviluppata la corteccia cerebrale) possiamo adattarci a variazioni ambientali che sono letali agli altri esseri.
L'uomo ad esempio non dispone di una folta pelliccia per ripararsi dal freddo: ciò significa che questa caratteristica genetica ha perso la sua importanza, ma é stata sostituita da comportamenti culturali, quali l'abitudine di indossare abiti più o meno pesanti secondo le condizioni climatiche. Le nostre unghie non sono più strumenti di difesa e di offesa, come possono essere invece gli artigli di un'aquila o di un leopardo, ma la nostra mano può brandire, con l'apprendimento, strumenti più affilati di un artiglio. I nostri denti non sono più strumenti potenti per tagliare e triturare, ma abbiamo la possibilità culturale di cuocere i cibi per renderli più teneri. Si può dire che l'uomo non ha pungiglioni, aculei, ghiandole velenifere, corazze, corna, pelle irritante, mimetismo, artigli, zanne, velocità, ecc., perché può sopperire a ciascuna di queste funzioni con l'apprendimento.
Blocco intellettivo
Mentre procedeva la semplificazione del nostro corpo, cresceva il volume del nostro cervello (di conseguenza il corpo si adattava alle potenzialità intellettive) e si può affermare che l'uomo é l'essere più semplice e nello stesso tempo il più complesso della natura conosciuta: il massimo della semplicità in cambio del massimo dell'intelligenza. Il neonato umano alla nascita ha il cervello neurologicamente molto meno maturo rispetto a tutti gli altri animali: solo il 25% del suo volume definitivo, pur disponendo dello stesso numero di cellule nervose dell’adulto. Ciò significa che il 75% della massa cerebrale matura attraverso l’apprendimento. I nostri cugini scimpanzé, geneticamente i più vicini a noi, nascono con il 45% del volume del loro cervello di adulti. Facendo un rozzo calcolo, in base ai rispettivi volumi cerebrali, si può affermare che dalla nascita allo stato adulto il cervello umano cresce quattro volte di più di quello dello scimpanzé.
Ora però arriviamo a una conclusione: il cervello umano ha subito un blocco evolutivo perché non c'erano più comportamenti genetici da "smussare". Infatti, comportamenti genetici indispensabili, come ad esempio il sonno, l'attrazione per il sesso opposto, il battito del cuore, la respirazione, la paura, la fame, la sete, il dolore, ecc., sono comportamenti che anche nell'uomo l'apprendimento individuale può modificare in misura quasi nulla. D’altronde dare la possibilità all'apprendimento di modificare un comportamento più volte sperimentato, collaudato e conservato intatto perché economicamente valido, significa deteriorare una cosa che non é perfettibile, mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza. Anche per quanto riguarda l'evoluzione della sua struttura sociale l'uomo ha raggiunto il massimo grado di perfezionamento possibile con l'ordinamento comunitario dell'antico raccoglitore-cacciatore. Il grado di socialità tra gli elementi che compongono il gruppo é direttamente proporzionato al numero di gesti, di suoni e di simboli che possono essere emessi e recepiti da ogni singolo individuo, quindi allo sviluppo degli organi riceventi e trasmittenti, nonché della corteccia cerebrale che deve decifrare ed elaborare i segnali.
La specie umana può produrre una gestualità più sofisticata degli altri animali, con la sua mimica facciale e le sue mani tuttofare; d'altra parte i gesti possono essere recepiti da un ottimo apparato visivo. L'uomo é inoltre in grado di recepire e rimettere insieme un elevatissimo numero di suoni, articolando in questo modo ogni tipo di linguaggio. Ciò é possibile grazie a un buon apparato uditivo e alla particolarità delle sue corde vocali. Naturalmente tutte queste particolarità biologiche di comunicazione non sarebbero espresse se non fossero sostenute dalla sua voluminosa corteccia cerebrale. Infatti, é per merito di questa che gli esseri umani sono in grado produrre ed elaborare un'infinità di simboli. Bloccandosi la crescita numerica delle cellule nervose adibite all'apprendimento, si é bloccata l'evoluzione degli organi sensoriali, perché ogni altro rilevamento più sofisticato degli stimoli ambientali non poteva più essere elaborato, per questo la comunicazione sociale all'interno del gruppo non ha più subito trasformazioni innovative economicamente valide, bloccando, di conseguenza, anche l'evoluzione della struttura sociale. Per tutte queste ragioni l'uomo é il "non plus ultra" dell'evoluzione biologica, il suo apice invalicabile, anche se é ancora molto diffusa la credenza errata che l'intelligenza dell'uomo si stia ancora sviluppando grazie al progresso tecnologico, o che questo sia sinonimo di sviluppo intellettivo.
Trasmissione di informazioni
Si può facilmente capire l’importanza della comunicazione osservando ciò che avviene in natura. Ad esempio, nella maggior parte dei pesci, degli anfibi e dei rettili, dove non esiste alcuna cura parentale, i singoli possono apprendere (nei limiti consentiti alla loro specie) solo per esperienze individuali (su una base di prove ed errori) che non possono essere trasmesse alle generazioni successive. Tra i mammiferi e gli uccelli, invece, la temporanea cura di entrambi i genitori, o almeno uno di essi, permette che i piccoli ricevano un buon “pacchetto” di informazioni culturali, trasmissibili da una generazione all’altra. Questo passaggio di informazioni non genetiche, dagli adulti ai giovani, é relativo al tempo che é dedicato alla cura parentale, perciò é comprensibile che tra gli animali sociali, dove l’apprendimento si protrae avanti nel tempo, l’informazione culturale assume un’importanza determinante per l’ecologia di una specie, che ha raggiunto il suo apice nel gruppo umano dei raccoglitori-cacciatori.
Nel suo percorso storico il gruppo sociale umano si é frazionato in famiglie sempre meno consistenti, venendo meno la sua identità socio-culturale, per cui cresceva la difficoltà di un adattamento collettivo all’ambiente del territorio. La struttura sociale ed economica della nostra civiltà impone, in modo sempre più accentuato, un’assimilazione di informazioni culturali attraverso prove ed errori individuali, più simile ai rettili che non ai mammiferi sociali quali noi esseri umani siamo. L’odierna carenza di cura parentale, che poteva invece offrire il gruppo (e che la federazione di gruppi potenzierà enormemente), é mitigata in parte dagli strumenti tecnologici di comunicazione, ma é chiaro che l’informazione non può essere uniformemente distribuita e, soprattutto, tende all’adattamento a un ambiente deformato, artificioso, piuttosto che al soddisfacimento dei nostri bisogni naturali.
Tra i raccoglitori tutte le informazioni necessarie all’autosufficienza del gruppo erano patrimonio di ogni individuo. Ognuno, secondo l’età e il sesso, era addestrato a riconoscere e a cacciare gli animali che servivano da cibo, alla raccolta di vegetazione spontanea commestibile, a conciare una pelle, a confezionarsi una calzatura o un abito, a costruirsi le proprie armi o i propri strumenti di lavoro o la propria abitazione, oltre che, naturalmente, a collaborare con gli altri. Il nostro cervello di uomini moderni non sta incamerando più informazioni di quello dei nostri antichi progenitori, perché la capacità cerebrale é una caratteristica di specie che é rimasta immutata da alcune decine di migliaia di anni. La differenza consiste nel fatto che tutte le informazioni apprese nel gruppo dei raccoglitori erano utili per l’adattamento all’ambiente naturale del territorio, mentre ora molte delle informazioni che stiamo assimilando sono assolutamente inutili per adattarci al nostro ambiente artificiale.
Stiamo immagazzinando sempre più spazzatura culturale nel nostro cervello. Le nostre potenzialità individuali di trasmissione di informazioni utili, ai fini di una conversione culturale, sono quindi piuttosto limitate, nonostante possiamo avvalerci di forme di comunicazione quasi in tempi reali. Non sarà cosa semplice rendersi conto del nostro stato di “prigionieri culturali”, inoltre la nostra liberazione non avverrà semplicemente con questa consapevolezza, ma solamente con la realizzazione effettiva di federazioni di gruppi sociali.
Il cacciatore e l’allodola
La comparsa e l’affermazione dell’Homo Sapiens Sapiens é il risultato di un processo casuale, che poteva invece culminare in strutture biologiche diverse in forme e grado intellettivo? Il caso e la selezione sono effettivamente operanti, ma solo per affermare una logica che é già presente nelle leggi della natura. L’evoluzione é solo una lunga ricerca per trovare le soluzioni meno dispendiose di energia, più efficienti e idonee come base per nuovi balzi evolutivi. Potenzialmente queste soluzioni sono già esistenti, anche se non espresse (i livelli sistemici di complessità crescente): al caso e alla selezione sono solamente affidati i tempi e le modalità per renderle operative.
Per questo si può parlare di "programma" della natura, non solo in senso di metafora. Pensare che l’uomo sia uno strumento inconsapevole di questo programma, con un suo ruolo preciso da svolgere, é quindi molto di più di una semplice illazione. Lo scambio di informazioni é alla base dell’evoluzione: lo prova il fatto che la natura prima ha “inventato” il sesso, per velocizzare lo scambio di informazioni genetiche; poi ha “inventato” la memoria umana, per accelerare ancora di più la diffusione delle informazioni non genetiche; infine ha “inventato” la tecnologia e la conseguente intelligenza artificiale, che in quanto a velocità…
L’evoluzione della materia é in realtà l’evoluzione dell’informazione. Un atomo, una proteina, un batterio, un vertebrato, l’uomo stesso o un suo qualunque prodotto tecnologico, sono strutture materiali che contengono informazione. E’ l’informazione che é riprodotta e sopravvive nel tempo e nel tempo si perfeziona, mentre la struttura materiale o biologica o tecnologica serve solo da supporto o da involucro protettivo, una sorta di scatola usa e getta, che con la sua usura nel tempo esaurisce la sua funzione di riparo all’informazione ed é perciò necessario sostituirla con un altro involucro integro. Lo scopo della riproduzione e della morte degli esseri viventi andrebbe vista in questa prospettiva.
Forse definire noi esseri umani, "creati a immagine e somiglianza di Dio", come dei semplici involucri portatori d’informazione é certamente riduttivo, se non scandalizzante, ma anche cercando una terminologia un po’ più romantica e rispettosa non si può realisticamente mutare la sostanza delle cose. L’umanità é uno strumento della natura e non il suo manipolatore impunito. La prospettiva che il progresso tecnologico possa mettere in futuro l’uomo in posizione di dominanza assoluta sui fenomeni naturali é solo uno specchio per le allodole, dove l’uomo non é una volta tanto, il cacciatore, ma l’allodola. La natura ha trovato il modo di produrre entità con elevati livelli di energia e altamente intelligenti, al di fuori dei viventi e dell’uomo, anzi, utilizzando proprio l’uomo come strumento di questo processo.
Dubito fermamente che l’intelligenza biologica dell’uomo possa controllare all’infinito la rapida evoluzione dell’intelligenza artificiale. La tecnologia, che é l’"involucro" di questa intelligenza, é come un uovo di cuculo depositato dalla natura nel nido della specie umana. Dopo essersi schiuso il piccolo cuculo farà di tutto per spingere fuori del nido i figli legittimi, accaparrandosi totalmente le attenzioni dei genitori adottivi (loro malgrado) e crescere a spese di una specie che non é la sua, senza che quest’ultima possa trarne alcun vantaggio.
I benefici che si possono trarre dal progresso tecnologico sono compensati dai danni che questo produce, ma l’uomo non potrà decidere a suo piacimento quando sottrarsi al "giogo" tecnologico. La tecnologia continuerà a crescere a spese della specie umana fino a quando l’intelligenza artificiale non avrà estromesso l’uomo dalla sua nicchia ecologica. La nostra intelligenza non é affatto il traguardo dell’evoluzione dell’informazione (che non cesserebbe anche se lo volessimo) e, in questa fase di crisi d’identità dell’intera umanità, non ci sono ragioni per non pensare che la natura potrebbe continuare a organizzarsi in sistemi superiori con o senza l’uomo, con o senza gli esseri viventi. E’ più confortante pensare invece che l’uomo non potrà autodistruggersi per la sola ragione che egli non é padrone del suo destino, ma é strumento indispensabile e insostituibile della natura per lo svolgimento di un programma prestabilito.
La chiave di volta
Nel suo processo evolutivo la natura si é sempre servita di strutture semplici per creare strutture più complesse, utilizzandole come se fossero "impalcature" provvisorie per la costruzione definitiva. Queste strutture di sostegno potrebbero essere espulse a processo terminato, come l’impalcatura che ha reso possibile la costruzione di una volta. In effetti, la natura si é servita di innumerevoli "impalcature" provvisorie per produrre entità materiali complesse, come ad esempio gli organismi unicellulari nucleati sono stati l’impalcatura per la formazione degli organismi pluricellulari, ma non sono per niente determinanti per l’esistenza di questi ultimi, oppure i rettili sono stati l’impalcatura per i mammiferi, che a loro volta sono stati l’impalcatura per i primati superiori e questi per l’uomo.
A conti fatti l’attuale presenza dei rettili o delle scimmie antropomorfe non é di per sé determinante per la sopravvivenza della specie umana: potrebbero quindi essere considerate impalcature inutili e inutilizzabili dal programma naturale. In realtà le impalcature ormai inutili sopravvivono perché non interferiscono nei programmi stessi della natura. L’estinzione dei dinosauri, o dell’altro 99% e più delle specie che sono apparse sulla terra, é un fattore del tutto casuale e non legato allo svolgimento di questo programma. Va considerato, però, che solo una specie di organismi unicellulari nucleati ha prodotto organismi pluricellulari, solo una specie di rettili si è trasformata in mammifero, solo una specie di mammiferi si é trasformata in primate e solo una specie di questi ha prodotto l’uomo.
In questo caso si tratta non solo di una semplice impalcatura, ma addirittura della "chiave di volta", la pietra incastrata che può sostenere la volta senza l’ausilio dell’impalcatura. Ad esempio i mitocondri non sono solamente antichi batteri che sono stati l’impalcatura per la formazione del sistema cellulare nucleato, ma sono la sua chiave di volta, perché la cellula non potrebbe sopravvivere senza di essi. Così come sarebbe assurdo pensare alla sopravvivenza di un animale o di una pianta senza l’esistenza delle cellule.
C’é un filo rosso che lega i livelli sistemici nei quali la natura é strutturata, una generazione diretta come da padre a figlio a nipote e così via: ogni livello sistemico é la chiave di volta per il livello successivo. Solo la specie umana, tra tutte le specie di animali sociali, potrà costituire delle federazioni stabili e perenni di gruppi sociali (livello sistemico federativo) e aggregare tutte queste federazioni in un unico organismo planetario.
L’umanità sarà quindi la chiave di volta di questo supersistema, ma proprio come la chiave di volta tiene incastrate le altre pietre della volta, così queste tengono incastrata la chiave. Le necessità indurranno alla nascita delle prime federazioni di nuovi gruppi sociali, iniziando la ristrutturazione dell’ambiente terrestre e della struttura sociale umana. “Gaia”, il pianeta che vive, avrà bisogno degli esseri viventi per la sua stabilità, soprattutto della specie umana, che solo per questo non correrà il rischio di estinguersi. Molto prima che questo processo sia portato a compimento, però, l’intelligenza artificiale sarà già autosufficiente e sarà in grado di autoriprodursi senza alcun aiuto umano. Paradossalmente, giunti a quel punto, sarà la stessa tecnologia, che nel frattempo avrà avuto il ruolo di impalcatura di sostegno al processo di ristrutturazione, a diventare inutile.
La tecnologia che verrà riprodotta (non più dall’uomo) servirà solamente da involucro alla crescita dell’intelligenza artificiale, ma questo sarà un processo al quale la specie umana sarà completamente estranea, perché essa vivrà felice e inconsapevole nel suo “giardino dell’Eden”.
Modello naturale
La natura, dall'alto della sua esperienza evolutiva, ci fornisce il modello, in assoluto più funzionale e meno dispendioso d'energia, per la realizzazione di un sistema federativo a "misura d'uomo". L'esempio possiamo trarlo dallo stesso corpo umano, che é formato da cellule autosufficienti che, collaborando tra loro, danno vita ad un organismo complesso ed efficiente. Infatti, una semplice cellula può darci, a tal proposito, una quantità d'informazioni utili superiore alla somma di tutte le filosofie prodotte nel corso della storia umana. Potrebbe sembrare fanatismo integralista il voler applicare, ad una società umana, i comportamenti che regolano una cellula biologica, ma questo, come potremo vedere, ha una logica inaspettatamente funzionale e…umana!
D’altra parte, questo metodo comparativo ha solo una funzione indicativa per mettere in rilievo i vantaggi e i punti deboli di un’esperienza comunitaria o l’altra. E’ solo per comodità che possiamo prendere a modello il corpo umano (in quanto é il sistema che meglio conosciamo) per descrivere nei dettagli la struttura e la funzionalità di queste federazioni autonome e paragonarlo a "Gaia", nella sua futura stabilità ecologica, quando cioè l’uomo assolverà (senza possibilità di evasione) alle funzioni ecologiche che le saranno state assegnate. Le potenzialità di collaborazione sociale umana vanno ben al di là della sola famiglia, come invece ci relega questo sistema competitivo (in ogni caso anche la famiglia di coppia oggi sta già conoscendo una profonda crisi), ma vanno al di là anche del singolo gruppo (che é il limite di collaborazione delle scimmie antropomorfe).
La piena espressione delle potenzialità sociali umane é la federazione dei gruppi, o meglio, il sistema federativo, ossia il tentativo non riuscito degli antichi raccoglitori per mancanza di una comunicazione intergruppo in tempi reali. Le dimensioni di queste antiche aggregazioni di gruppi avevano anch’esse un limite, determinato ovviamente dalla difficoltà di gestire i normali rapporti sociali. Dentro queste organizzazioni (che potevano diventare vere isole culturali) avvenivano, ad esempio, i matrimoni tra gli individui di gruppi diversi, poiché lo scambio genetico tra circa 2000 persone (o anche meno), era già sufficiente a scongiurare il proliferarsi di malattie genetiche. Queste "isole" non erano però sistemi completamente chiusi ed esisteva un minimo di promiscuità genetica con altre "isole", frenato soprattutto dalla distanza geografica, piuttosto che dalle differenze culturali. Una qualsiasi esperienza comunitaria che intenda adeguarsi alla vera natura sociale umana, dovrà necessariamente tenere nella stessa considerazione l’individuo, la famiglia, il gruppo e la federazione dei gruppi.
Le dimensioni
Se tali aggregazioni iniziassero a sorgere nella nostra epoca, indipendentemente dalla nazione in cui s'insedierebbero, il numero ideale di persone per garantirne il massimo funzionamento potrebbe aggirarsi tra i 1200 e i 1800, suddiviso in gruppi sociali numericamente simili ai gruppi antichi di raccoglitori (da quaranta a ottanta persone, di solito mai più di cento).
La popolazione dovrebbe comprendere tutte le fasce d'età, per permettere il necessario ricambio generazionale e dare continuità al sistema sociale. Una federazione sperimentale che si costituisse aggregando solo persone in età lavorativa (quindi con pochi anziani e pochi bambini) avrebbe certamente dei vantaggi iniziali, per la maggiore energia potenziale disponibile, ma con l'invecchiare della popolazione ci sarebbero scompensi generazionali e il complesso sarebbe destinato a sfaldarsi.
Considerando il numero adeguato di persone per garantire l'autosufficienza economica e, quindi, la quantità di terreno destinato all'alimentazione (nei paesi occidentali é di circa mezzo ettaro per abitante), considerando pure lo spazio destinato alla riforestazione, agli insediamenti sociali, abitativi e produttivi, si può dedurre che le dimensioni territoriali ideali di una tipica federazione di gruppi potrebbe aggirarsi da 10 a 20 Km quadrati, secondo la morfologia del territorio.
Ogni territorio comunitario dovrà essere compatibile con ogni tipo d'ambiente naturale: esso stesso si potrà considerare come un'oasi per la protezione della natura. Pur utilizzando tecnologia complessa, tutte le attività domestiche e produttive dei suoi abitanti non recheranno alcun danno all'ambiente, perché saranno svincolate dalla legge del mercato e non legate alla ricerca del profitto. Saranno privilegiati gli interessi umani anziché gli interessi economici, perciò potranno essere realizzate opere che certamente non reggerebbero la competizione economica della società consumistica, ma che, comunque, garantirebbero il benessere materiale e morale della popolazione, apportando migliorie all'ambiente, sia dal punto di vista estetico che produttivo.
La federazione farà uso solo di energia rinnovabile che sarà in grado di produrre da sola, non farà uso di materiali e sostanze chimiche che non sarà in grado di riciclare totalmente o di neutralizzare e dal suo territorio dovranno uscire solo aria e acque pulite. Uno degli impegni che si dovranno imporre i suoi abitanti sarà quello del risanamento ambientale del territorio, perché non sarà sufficiente non inquinare ma sarà necessario riparare i danni prodotti da secoli o millenni d'economia competitiva. La federazione potrà trarre il suo fabbisogno alimentare dal territorio in cui é insediata, dovrà salvaguardare la salute fisica, morale, psichica degli individui. A menzionarli così, tutti in una volta, questi obiettivi sembrano ideali irraggiungibili, ma proviamo a considerare, senza pregiudizi culturali (almeno sforziamoci di farlo), ciò che può suggerirci una semplice cellula.
Il nucleo centrale
La cellula biologica ha un nucleo centrale preposto alla protezione di tutta l'informazione genetica necessaria alla sua duplicazione e al suo metabolismo. Immaginiamo perciò un "nucleo" centrale nel territorio della federazione: una grande costruzione altamente tecnologica, fatta con criteri antisismici, antincendio e insonorizzata, che possa servire sia come abitazione (che possa garantire la necessaria "privacy" individuale) sia come sede di tutte le attività sociali, culturali e amministrative necessarie al soddisfacimento dei bisogni dei suoi 1200-1800 abitanti.
Quasi certamente nei desideri insoddisfatti della gente, i classici "sogni nel cassetto", non rientra il voler convivere con altre 1500 o più persone in un "grande condominio". Anzi, é un'idea che istintivamente ripugnerebbe ai più. Molto meglio sarebbe poter vivere in una bella casetta in mezzo a tanto spazio verde, con la propria famiglia, lontano da fastidiosi o magari rumorosi vicini, che cercheremmo solo quando ci farebbe comodo.
La verità é che questo modo di ragionare é il frutto della cultura competitiva della nostra società consumistica, che ci fa vedere gli altri come rivali, anziché dei potenziali collaboratori. Verrebbe da chiedersi se era veramente indispensabile che la cellula biologica concentrasse in un nucleo le sue funzioni direttive, ma é la soluzione adottata da tutti i sistemi naturali, perché la meno dispendiosa d'energia e, lo potremo scoprire più avanti, potrebbe portare enormi vantaggi anche alla popolazione e all'ambiente del territorio. Ad esempio, concentrando la popolazione in un'unica struttura a tecnologia avanzata, oltre che portare agio e sicurezza agli abitanti, c’é il vantaggio di avere una grande quantità di terreno a disposizione, altrimenti usato per insediamenti a scopi abitativi, sociali e industriali.
Nel loro graduale (e a volte esplosivo) sviluppo le città industriali hanno accresciuto in altezza i loro siti abitativi ed amministrativi, col risultato che i grattacieli sono le costruzioni più alte edificate nel corso della storia dell'uomo. Nelle grandi metropoli, vista la scarsità di terreno edificabile, una costruzione a più piani potrebbe significare un risparmio economico, il fatto é che, superata una certa altezza, o se si vuole un certo numero di piani, la costruzione del grattacielo deve procedere con sofisticate tecnologie che richiedono alti costi di lavoro e di materiali, per questo diventa sempre più antieconomica. Anche dal punto di vista della qualità della vita, abitare e lavorare in un grattacielo alto fino a 400 metri crea non pochi problemi di adattamento.
Lo sbalzo di altitudine, consentito da velocissimi ascensori, crea differenze improvvise di temperatura e pressione atmosferica che non sempre l'organismo umano ben sopporta. La struttura centralizzata della federazione deve soddisfare le esigenze di una piccola popolazione di 1200-1800 persone e la costruzione rientra perfettamente nei parametri dei vantaggi economici ed é ben contenuta negli stessi. A conti fatti, per soddisfare tutte le esigenze vitali degli abitanti, sarebbe sufficiente una costruzione di massimo 20 piani, che sfrutterebbe tutti i vantaggi economici del concentramento edilizio senza arrivare ad invertire il rapporto costi-benefici. Un fattore determinante per la drastica riduzione dei costi é il fatto che la manodopera sarà gratuita, perché la maggior parte dei lavori di costruzione sarà effettuata dai futuri abitanti e dai membri volontari dell'organizzazione che li sostiene (della quale ci occuperemo più avanti).
Gruppo e individui
Qualsiasi essere vivente, anche il più gregario, ha bisogno di uno spazio fisico individuale, una “zona d'aria” personale, che difende, spesso con accanimento, dagli altri individui, sia della stessa specie che di specie diversa. Le necessità, molte volte, spingono gli individui a cercarsi e a collaborare per migliorare la qualità della propria esistenza, le stesse circostanze e gli stessi motivi inducono, altre volte, ad allontanarsi dagli altri.
I rapporti con i consimili sono dovuti sia alle caratteristiche fisiche di un animale, sia alle caratteristiche ambientali del suo territorio di adattamento. Un leopardo preferisce vivere da solo, perché basa la sua tecnica di caccia sull'agguato isolato a prede compatibili con le sue dimensioni. Diventerà più sociale solo nel periodo riproduttivo. Animali della stessa specie possono variare completamente le loro abitudini se vivono in ambienti diversi, così, ad esempio, i lupi artici devono collaborare tra loro affinché sia possibile abbattere grandi prede come i caribù o i buoi muschiati, mentre i lupi della Spagna, dove non ci sono più grandi prede libere, devono nutrirsi di conigli selvatici o roditori, per cui é più proficua un'azione di caccia individuale. I pinguini imperatore, per fronteggiare i rigori dell'inverno antartico, si ammassano l'uno contro l'altro per condividere il calore dei propri corpi, annullando di fatto ogni minimo spazio individuale. Quando il clima diventa meno rigido ogni individuo si appropria di una sua area territoriale che difende dagli altri, ma l'aggregazione rimane per meglio proteggersi dai predatori.
La conclusione che potremmo trarne é che i rapporti di collaborazione sono presenti solo se sono utili, altrimenti é preferibile fare da soli. Ovviamente questo concetto é valido per gli animali e lo é anche per gli esseri umani. A riprova di ciò possiamo considerare gli effetti disgreganti che il progresso tecnologico ha avuto sull'originario gruppo sociale dei raccoglitori. Detto in termini brutali, il gruppo é scomparso perché, con lo sviluppo della tecnologia, gli altri ci servivano sempre meno ai fini della nostra sopravvivenza. Fortunatamente ci sono esigenze umane che la tecnologia non potrà mai soddisfare e quindi gli esseri umani continueranno a cercarsi e a collaborare.
Infatti, la quasi totalità dei comportamenti umani deve essere appresa, per cui le relazioni parentali saranno sempre elemento indispensabile per la formazione dell’individuo, per la sua sicurezza e la sua stabilità emotiva. Il sistema sociale dei raccoglitori-cacciatori é una struttura dinamica e ogni individuo ha, nei confronti del gruppo, un rapporto che é simile a quello degli elettroni attorno al nucleo atomico, oppure a quello dei pianeti attorno al sole. Attrazione verso il gruppo e fuga da esso devono bilanciarsi a una certa distanza per ogni singola persona, secondo la sua energia disponibile. Un bambino o un anziano graviteranno molto più vicini al gruppo che non un bravo cacciatore o una brava raccoglitrice, ma nessun individuo (e nemmeno una singola famiglia) sarà mai completamente autosufficiente e potrà fare a meno del gruppo.
Il necessario “spazio d’azione” personale varia da un individuo all’altro, dalla soglia minima (come un neonato o una persona malata) a una massima (come un cacciatore che si assenta per lunghe battute di caccia): oltre questa soglia l’individuo si staccherebbe dal gruppo, come la velocità di fuga di un razzo può vincere la forza di gravità terrestre. Tuttavia, come potremo costatare, non é la tecnologia in se stessa la causa diretta della disgregazione del gruppo sociale, ma il suo utilizzo come strumento di sostegno alla competizione economica. Solo potendo fare a meno della competizione la tecnologia sarà strumento di coesione, anziché di divisione.
Servizi personali
La stabilità di un sistema naturale é dovuta al fatto che é composto da elementi specializzati che si completano l’un l’altro. Ad esempio l’anziano del gruppo di raccoglitori non ha più l’energia del giovane cacciatore, ma é detentore di quella cultura che i giovani attingono a piene mani per poter utilizzare al meglio la loro energia. Nella civiltà occidentale la cultura dell’anziano é obsoleta, sempre più inutile per l’adattamento a un ambiente artificiale che cambia a ritmi esponenziali. I nostri giovani non dipendono più dal sapere dell’anziano per il loro adattamento, ma soprattutto é il messaggio massificato dei media a determinare i loro indirizzi comportamentali. Senza il gruppo sociale la persona anziana é diventata un inutile fardello del quale si farebbe volentieri a meno, delegando sempre più il problema alle pubbliche istituzioni.
Tra i raccoglitori non esiste per gli anziani una pensione di stato o l’assistenza sanitaria gratuita, ma certamente é maggiore la loro considerazione all’interno del gruppo, rendendo superflue queste istituzioni. La rivoluzione industriale (frutto della competizione economica) ha dilatato enormemente la necessità di spazio privato in tutti i settori della vita quotidiana, aumentando di fatto la distanza tra gli individui. Un cittadino occidentale ha uno spazio d’azione personale infinitamente più elevato di un raccoglitore, ben oltre quella soglia massima che può tenere gli individui legati in un gruppo, ma é proprio per questo che la solitudine é un fenomeno sconosciuto tra i raccoglitori e sta invece diventando una caratteristica di quasi normalità nella nostra società, soprattutto per gli anziani. Anche lo spazio materiale destinato all’abitazione é cresciuto relativamente al “benessere”, anche se non è stato per niente un processo omogeneo.
Mentre nella società opulenta si tende ad assegnare mediamente una camera per abitante, la maggioranza dell’umanità é composta di famiglie numerose che vivono in poche camere, spesso prive di servizi. Nella grande costruzione polifunzionale della federazione ogni individuo, ogni famiglia, ogni gruppo sociale, avranno uno spazio d’azione adeguato alle loro necessità, contenuto entro quelle soglie che consentono la stabilità di un sistema sociale, compreso lo spazio materiale abitativo. Ogni persona avrà la sua camera, soprattutto ogni individuo avrà i suoi servizi igienici personali: quest’ultimo dato é determinante ai fini di un’efficace medicina preventiva.
Si stima che almeno il trenta per cento delle malattie infettive vengano trasmesse negli stessi ospedali e nelle case di cura, pubbliche o private, proprio per il collocamento dei malati in camere comuni e per l’utilizzo di servizi igienici collettivi. Del resto la nostra cultura (o semplicemente i costi economici) ritiene sufficiente un solo servizio igienico per una famiglia media di quattro, cinque o sei persone. La camera e i servizi igienici personali nella federazione non faranno lievitare i costi dell’insediamento abitativo, perché verranno eliminati tutti gli spazi non necessari, ma che sono invece indispensabili per una famiglia indipendente della nostra società. Per la funzionalità del gruppo sociale (che sarà dislocato su un intero piano della grande costruzione) e per i proficui rapporti di collaborazione interpersonali e interfamigliari all’interno di esso, non saranno necessari saloni, salette, ingressi, disimpegni e neppure cucine famigliari, lavatoi, cantine, mansarde, come neanche terrazze, balconi, solai, garage, ripostigli o ancora laboratori, studi, camere degli ospiti e quant’altro. Solo una parte del nostro attuale spazio abitativo viene utilizzato appieno, perciò sarebbero più economici e più funzionali servizi di gruppo, come cucina collettiva, lavanderia, magazzini, attrezzistica leggera, biblioteca multimediale…
Grand Hotel
Ogni piano della grande casa comune, che sarà dato in gestione a un singolo gruppo, dovrà essere strutturato per essere utilizzato pienamente dagli individui e dalle famiglie: se ciò non fosse comporterebbe un inutile dispendio di energia. Ad esempio il locale adibito a mensa collettiva, potrà essere utilizzato, con opportune veloci modifiche, anche come sala per le assemblee di gruppo, per proiezioni cinematografiche o anche come aula scolastica o luogo di intrattenimento serale. Un giudizio frettoloso potrebbe sentenziare che questo é un tipo di vita più simile a una caserma, piuttosto che a una società libera. In realtà il gruppo non é un’ammucchiata di individui, ma é un’ordinata aggregazione di famiglie che collaborano tra loro. I locali e i servizi a uso collettivo dovrebbero servire a rafforzare lo spirito comunitario, non a prevaricare le necessità individuali.
Teoricamente ogni individuo sarebbe libero di isolarsi dal resto del gruppo, non socializzare con gli altri membri, consumare i suoi pasti nella propria camera, ma questo denoterebbe uno stato di disagio e non un indice di libertà. Sta di fatto che oggi possiamo anche vivere come individui indipendenti, con la cultura del sistema competitivo che ci spinge a remare controcorrente e con la tecnologia che ci permette di fare a meno della collaborazione del nostro prossimo, ma dentro, nel profondo del nostro essere, siamo geneticamente “sociali”. Se ci fossero comunque delle cause oggettive che tendono all’isolamento di un individuo, sarebbe l’intero gruppo a farsi carico della soluzione di questo problema, nella prospettiva di reintegrare il soggetto momentaneamente “perso”. Non dimentichiamo poi che i componenti di un gruppo sono tra loro parenti o amici e i rapporti umani all’interno della struttura comunitaria sono, nel complesso, più vicini a quella che é la nostra natura, tant’é vero che per curare molti mali prodotti dalla nostra disastrata società sono sorte comunità "terapeutiche".
Preferisco pensare che la vita di gruppo, in un piano della grande struttura centralizzata, sia simile a quella di un Grand Hotel a cinque stelle, dotato di tutte le comodità e i servizi necessari per rendere confortevole il permanere dei villeggianti. Quel che é più é che tutti questi servizi sono completamente gratuiti! Se per undici mesi all’anno la maggioranza di noi aspetta con ansia di lasciarsi alle spalle il normale ritmo di vita, sognando di farsi servire per un mese in una pensione o in un hotel, anche se questo comporta un costo non indifferente per il bilancio famigliare, significherà pur qualcosa. L’idea della camera e servizi igienici personali e null’altro, potrebbe far sorgere a qualcuno il paragone con le cellette di un alveare o alle celle di un monastero, così che anche marito e moglie siano rigorosamente separati tra loro.
Questa potrebbe essere un’opzione se la cosa fosse desiderata, ma la struttura architettonica permetterebbe, attraverso paratie mobili e insonorizzate, di trasformare due camere singole in una camera matrimoniale, oppure di dare una sistemazione alle camere dei figli, più consona alle esigenze famigliari. In ogni modo, anche personalizzando l’ambiente abitativo, non muterebbe la quantità di spazio individuale. Lo scopo dei servizi collettivi non è soltanto quello di guadagnare spazio abitativo, ma anche di ridurre notevolmente il numero di ore lavorative destinate alla manutenzione dell’abitazione. Ci fanno credere che un normale turno di lavoro sia composto di circa otto ore giornaliere, ma non é affatto così. Alle ore impiegate nell’ufficio, nel laboratorio, in fabbrica, nel negozio…. si dovrebbero sommare le ore di lavoro effettivo per la preparazione dei pasti, per la manutenzione della propria abitazione e dei mezzi di trasporto, per lavare i panni, per fare la spesa, per recarsi al lavoro, dal medico o in un pubblico ufficio, ecc. Tutte queste mansioni nella federazione saranno effettuate da personale specializzato (o addirittura non saranno necessarie), dilatando perciò il tempo libero a disposizione di ognuno.
Rapporti interpersonali
Probabilmente si potrebbe obiettare che la "grande casa comune" è una matrice un po’ troppo rigida e chiusa per l'ecologia sociale umana, che é basata essenzialmente sul nomadismo (che abbiamo geneticamente ereditato dai nostri avi cacciatori-raccoglitori) e potrebbero crearsi conflitti interni tra famiglie e tra gruppi sociali. In pratica potrebbe essere una convivenza difficile e dispersiva. Il nomadismo fa parte delle potenzialità naturali della nostra specie: lo prova il fatto che gli esseri umani sono fisicamente strutturati da camminatori, con gli arti inferiori sensibilmente più sviluppati degli arti superiori (al contrario degli altri primati superiori, che sono sostanzialmente degli arrampicatori).
Il gruppo di raccoglitori é però nomade per costrizione e non per un effettivo bisogno biologico. Infatti, solo quando cominciano a scarseggiare le risorse spontanee nelle vicinanze dell’accampamento (e procurarsi il necessario diventa antieconomico perché aumentano le distanze per la raccolta) il gruppo si sposta in un’altra zona del territorio. "Levare il campo" sarebbe un inutile dispendio di energia se, ipoteticamente, le risorse ambientali rimanessero abbondanti, nonostante il continuo prelievo.
Di solito la natura non é così generosa e i gruppi, chi più, chi meno, sono stati costretti al nomadismo. Tra i raccoglitori esiste però un altro tipo di nomadismo che non é di gruppo ma individuale. Oltre ai matrimoni misti tra i gruppi, ci sono le visite ai parenti e agli amici di altri gruppi, oppure visite ufficiali di cortesia e di "diplomazia", insomma relazioni sociali al di fuori del gruppo e del suo territorio. La grande casa comune potrebbe facilitare questo tipo di rapporti, viste le minime distanze. Gli inevitabili conflitti interni tra gruppi famigliari (relativamente rari tra i cacciatori-raccoglitori, perché esistevano regole culturali accettate e condivise) potevano di certo essere risolti con un pacifico distanziamento.
Ciò significava che una famiglia (o anche solamente un individuo), avrebbe potuto essere assorbita da un altro gruppo, magari più vicino per grado di parentela o di amicizia. Perché mai la stessa cosa non potrebbe avvenire dentro alla casa comune? All’interno della federazione i gruppi sarebbero entità indipendenti e parzialmente autosufficienti, che non interferirebbero negli affari interni di un altro gruppo, che consisterebbero, in definitiva, in tutte quelle operazioni che concernono la soddisfazione di bisogni immediati: mangiare, dormire, pulizie, ecc.
Se una famiglia o un individuo ha dei problemi di adattamento in seno al suo gruppo può semplicemente richiedere il trasferimento in un altro gruppo, in un altro piano. Conviene a tutta la federazione che ogni dissidio venga spento sul nascere. Se poi quel tale individuo o quella tale famiglia non riescono a adattarsi alla vita comunitaria, accadrà ciò che accadeva tra i raccoglitori, cioè l’inevitabile espulsione. Proprio per questo, prima di entrare a far parte di una federazione, é necessaria una buona e apposita preparazione culturale, impartita nell’organizzazione di sostegno, per affinare lo spirito di adattamento alla vita comunitaria (ossia ristabilire la nostra identità sociale mondandola dalle influenze culturali del sistema competitivo). Visti i condizionamenti culturali che riesce a produrre questo sistema sulle persone, non sarà una cosa semplicissima poter far parte di una di queste federazioni.
Proprietà privata
Quando tutta l'umanità era formata unicamente da gruppi di cacciatori raccoglitori il concetto di proprietà privata era inesistente. Uno spazio territoriale poteva essere delimitato da un gruppo che ne godeva l'usufrutto ma, una volta utilizzato, quello spazio era poi abbandonato, magari per ritornarci in un tempo successivo o mai più. Nessun individuo si poteva vantare di essere "padrone" di un pezzo di terra o di un immobile. Le cose sono cambiate quando sono avvenuti mutamenti economici come l'agricoltura e l'allevamento e gli esseri umani, che prima erano nomadi, hanno cominciato a diventare stanziali. Da questo momento della nostra storia il gruppo sociale ha cominciato ad assottigliarsi fino all'attuale individualismo e la tecnologia ha sostituito progressivamente le persone del gruppo, dando sostegno e ragione di essere alla proprietà privata. E' così vero che anche l'affermazione della libertà si è cominciato a farla dipendere da quella della proprietà: “quanto più possiedo, tanto più sono libero”.
L'affermazione della libertà di pochi proprietari s'é posta contro la negazione della libertà di molti nullatenenti. Il diritto é servito appunto per dare una parvenza di legittimità a un abuso di fatto. Dunque la proprietà é negazione della libertà, poiché non può esistere vera libertà se é solo per pochi. Nella federazione non ci sarà proprietà privata né competizione economica, quindi la tecnologia non sarà al servizio del singolo individuo o della singola famiglia ma sarà gestita collettivamente dai gruppi sociali ricostituiti. Nessuno dirà più di essere "padrone" di un pezzo di terra o di un immobile. Va detto però che ogni essere umano, così come il raccoglitore, costruisce la propria identità sulla base di ciò che costituisce la sua sfera privata, cioè beni ed affetti, di cui appunto può dire "questo é mio". Questo é ciò che avviene in tutti i gruppi di raccoglitori ed é perciò parte integrante del nostro codice genetico, ma a quali beni ed affetti é precisamente rivolto?
Certamente anche un raccoglitore può affermare "suoi" gli oggetti che usa per il suo sostentamento: armi, attrezzi, suppellettili, monili, ecc., perché li considera un’estensione del proprio corpo, ma sarebbe per lui inconcepibile affermare che é suo quel pezzo di terra, quell’albero, quel gruppo di animali o quel fiume, perché sono estranei alla sua persona. Si potrà perciò parlare di usufrutto del territorio di adattamento, ma mai di proprietà, né individuale, né collettiva.
C’é di più: un raccoglitore sente "suo" un qualsiasi oggetto che é egli stesso in grado di costruire, ossia quella che potremmo definire tecnologia semplice. Strumenti come lance, propulsori, asce, coltelli, raschiatoi, clave, cerbottane, seghetti, rasoi, trapani, boomerang, archi e frecce.....rientrano nelle possibilità di costruzione di ogni singolo individuo, senza alcun bisogno di specializzazione in merito, per cui possono essere definiti tecnologia semplice.
Di tecnologia complessa si può cominciare a parlare quando sono sorti ruoli specializzati che hanno comportato sostanziali mutamenti dell'economia e della struttura sociale del gruppo. In questo senso i gruppi di raccoglitori-cacciatori, che ancora non hanno avuto contatti con la nostra civiltà (e ormai sono veramente pochi) e abitano le zone più impervie del pianeta, non fanno uso di tecnologia complessa. Non hanno intrapreso il cammino tecnologico non certo perché hanno facoltà intellettuali inferiori al resto della specie umana ma, semplicemente, perché non ne hanno mai avuto alcun bisogno per adattarsi al loro ambiente.
Vi é sempre stato un rapporto armonico tra l'ambiente in cui vivono e il loro essere uomini "naturali". Infatti, non occorrono sofisticati strumenti tecnologici per garantirsi l'adattamento (anche a quell'ambiente ostile), basta la loro struttura sociale di gruppo e le potenzialità intellettuali che sono patrimonio di tutta la specie umana. Anche all’interno delle federazioni ci sarà una sfera privata di affetti e cose: sarà legittimo, come lo é ora, usare termini come i miei parenti, i miei figli, i miei amici, oppure le mie scarpe, i miei vestiti…. ma i nostri mezzi di sussistenza non sono più tecnologia semplice che noi stessi siamo in grado di costruirci da soli, perciò non sono da considerarsi come una semplice estensione del nostro corpo. Sono in realtà strumenti estranei alla nostra natura ed é appunto la rivendicazione della loro proprietà che ha creato e crea competizione, individualismo e prevaricazione. Inoltre, la nostra economia non si fonda più sul semplice prelievo dall’ambiente, ma siamo costretti a una sua manipolazione per mezzo della tecnologia.
Senza uso di denaro
L'assenza di possedimenti privati non permetterà di effettuare scambi commerciali all'interno della federazione e quest'ultima non dovrà farne uso né con l'esterno, né con altre federazioni. Se per esempio un’entità comunitaria sperimentale volesse produrre intensivamente un qualsiasi bene di largo consumo per immetterlo nel mercato esterno e utilizzarlo come merce di scambio per acquistare tecnologia complessa, ricadrebbe banalmente nella logica della competizione economica. Il mercato condizionerebbe l'attività produttiva e l'ambiente del territorio, così l'intera struttura sociale perderebbe il suo carattere di entità autonoma.
Questo vale non solo nei rapporti tra le federazioni e mercato esterno, ma anche nei rapporti tra le varie federazioni. L'esempio che ci viene fornito dal corpo umano c'insegna che le cellule collaborano tra loro non barattando materiali ma fornendo ognuna una prestazione d'opera utile al collettivo pluricellulare. Similmente la futura collaborazione tra le federazioni non dovrà cedere alla logica del "libero scambio", ma dovrà esistere, unicamente, come offerta d'aiuto reciproco sottoforma di prestazione d'opera volontaria. Nemmeno é previsto l'uso di denaro, neanche nei rapporti con le altre federazioni, ma questo non impedirà, comunque, di soddisfare tutti i bisogni materiali e morali degli abitanti e, inoltre, di svolgere tutte le mansioni assegnate: "Da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo le sue necessità", come ci dimostra il rapporto esistente tra le cellule del corpo umano.
L'uso del denaro si é reso necessario, nel corso della storia umana, poiché permetteva di tramutare una merce in un altro qualsiasi bene materiale o in prestazione d'opera, anche diluiti nel tempo. La possibilità di accumulare denaro (anche in modo disonesto) ha accentuato le disuguaglianze economiche tra gli individui e i popoli, ed é stata causa di molte sofferenze umane, ma la nostra complessa società competitiva, individualista, non potrebbe più funzionare senza il suo uso. Non usare denaro dentro la federazione, invece, impedirà a chiunque di farne uno strumento di prevaricazione nei confronti degli altri. D'altra parte non avrebbe senso usare denaro quando non ci saranno scambi commerciali, perché non ci saranno possedimenti privati.
L’uomo e la formica
Curiosamente, tutti i comportamenti umani prodotti nel corso della storia sono una ripetizione già collaudata da molti milioni di anni da una specie o l'altra di formiche. Infatti, ci sono formiche cacciatrici-raccoglitrici, altre sono allevatrici (di afidi), coltivatrici (di funghi), predatrici (anche nei confronti di altre specie di formiche), schiaviste (che predano le larve di altre specie e le allevano per addestrarle al lavoro o a predare a loro volta), nomadi o sedentarie, campagnole o metropolitane, insomma di tutto. C'è un fatto ancora più curioso che accomuna il comportamento delle formiche a quello dell'umanità: alcune specie di formiche sono in grado di aggregare un certo numero di colonie (autosufficienti dal punto di vista economico) e produrre in questo modo delle vere e proprie federazioni.
Le antiche federazioni di gruppi sociali umani dei raccoglitori si fondavano esclusivamente sull'apprendimento, mentre queste specie di formiche su una totale predeterminazione genetica, ma é comunque stupefacente che solo l'uomo e la formica siano in grado di produrre queste super organizzazioni sociali. Le assonanze tra uomo e formica non finiscono però qui.
La specializzazione dei ruoli economici, che l'uomo fa uso in maniera sempre più pronunciata nella società di mercato, é tipica anche delle formiche (e delle termiti). Decine e decine di milioni di anni di vita sociale nel formicaio hanno dapprima favorito la specializzazione dei ruoli all'interno della colonia, per ottenere il massimo vantaggio economico col minor dispendio energetico, poi l'hanno fissata geneticamente, modificando gradualmente la struttura biologica degli individui, secondo i diversi ruoli. La regina, unica dignitaria di corte, ha sviluppato abnormemente il suo addome (di solito fino al punto da non potersi più muovere da sola) per adattarlo a fabbrica di uova per tutta la colonia. I soldati hanno accresciuto le loro dimensioni spesso di molte volte quello delle formiche operaie, facendo delle loro mascelle delle vere armi da guerra, che in alcune specie sono cresciute a tal punto che impediscono addirittura di alimentarsi autonomamente. A questa e alle altre funzioni vitali della colonia, come la ricerca del cibo, la cura delle uova e delle larve, la pulizia del formicaio....provvedono le operaie, tutte femmine sterili. Anche queste possono modificarsi, secondo le esigenze della colonia, magari trasformandosi in contenitori viventi di acqua o di miele (di dimensioni sproporzionatamente grandi rispetto al loro corpo) o in nuove regine.
Da quando é nata la storia umana e si é dissolta la struttura originaria del gruppo, l'uomo ha cominciato a costruire il suo "formicaio" e la specializzazione dei ruoli é stata una necessità economica obbligatoria, ma mentre le formiche hanno dovuto modificare il loro codice genetico per modificare i ruoli economici all'interno della colonia, l'uomo ha potuto avvalersi di comportamenti culturali e della tecnologia, cioè di estensioni al di fuori del suo codice genetico.
L'uomo però non é per niente immune da questo processo genetico che ha toccato tutte le specie viventi apparse sulla superficie della terra. Anch'egli, ovviamente, é un animale sessuato, dove esiste una specializzazione biologica tra maschio e femmina e all'interno del gruppo sociale donne e uomini hanno subito una diversificazione di forme e di dimensioni, chiamata "dimorfismo sessuale". Questo é il risultato di centinaia di migliaia di anni di vita sociale nel gruppo, per cui, nel relativamente breve arco di tempo della storia umana, i ruoli specializzati di origine culturale non avrebbero avuto il tempo materiale per essere fissati geneticamente.
La minaccia che l'ingegneria genetica possa fare in poco tempo ciò che la natura non ha fatto in qualche migliaio di anni é però molto reale. Perché la specializzazione dei ruoli é nata al di fuori del gruppo sociale umano, ma si é formata all'interno della colonia di formiche? La risposta sta semplicemente nei numeri. Un gruppo di raccoglitori-cacciatori é completamente autosufficiente e perfettamente adattato al territorio se é composto da qualche decina di individui (di solito mai più di cento), mentre un formicaio, per raggiungere l'autosufficienza, necessita di un numero di individui notevolmente superiore. Cento formiche sono in balia dei predatori quasi quanto lo può essere una sola formica. E' la massa dei singoli che da potenza al formicaio.
C'é però una tassa da pagare: non sarebbe possibile coordinare decine o centinaia di migliaia di individui senza una ferrea suddivisione dei compiti. Naturalmente le formiche non necessitano di una organizzazione gerarchica, perché sono totalmente guidate dal loro codice genetico, quindi la specializzazione dei ruoli non prelude affatto a una diversa ripartizione dei privilegi. Le formiche sono perciò "comuniste" anche se i loro ruoli economici sono diversificati e la loro struttura sociale é suddivisa in "caste" biologiche. Discorso diverso per il "formicaio" umano, perché la specializzazione (inesistente nel comunismo primitivo, ma necessaria in un sistema che di fatto ha perso l'autosufficienza territoriale) si è basata, fin dall'inizio, sulla diversa remunerazione dei ruoli, che ha determinato il formarsi delle classi sociali e dei privilegi delle classi dominanti.
Specializzazione dei ruoli
Il corpo umano é un'immensa federazione di parecchie migliaia di miliardi di cellule. Esso ci insegna che per mantenere efficiente questo stato di aggregazione é necessaria una forte specializzazione dei ruoli tra le cellule. Ogni cellula ha un incarico specializzato che deve adempiere per il bene del collettivo. Similmente gli abitanti della federazione dovranno avere dei ruoli specializzati, in modo tale che gli incarichi si completino l'un l'altro per garantire l'autosufficienza dell'intero complesso sociale. Nemmeno una sola cellula del nostro corpo ha però un trattamento economico discriminante nei confronti delle altre. Non ci sono cellule che sono alimentate meglio o di più, né cellule che lavorano meno delle altre, né cellule che competono tra loro. Tutte assolvono in modo ottimale i compiti che sono loro assegnati e il loro unico guadagno e la loro ragione di esistere é quella di far parte integrante del grande complesso pluricellulare. L'assenza di proprietà privata e il mancato uso di denaro impedirà che la diversità dei ruoli possa significare diversità di trattamento tra gli individui.
Essendo concatenato l'un l'altro ogni singolo ruolo specializzato ha un'importanza fondamentale per l'economia della federazione. La formazione professionale si realizzerà "sul campo", nel senso che l'istruzione avverrà seguendo l'esempio pratico dei lavoratori specializzati, secondo delle attitudini psicofisiche dei giovani apprendisti. Questo potrà permettere un lavoro soddisfacente per gli individui e garantirà la piena occupazione. Ad ogni individuo deve essere assegnata una mansione specifica così che tutti abbiano un'occupazione utile al collettivo.
A conti fatti, sarebbero sufficienti poche ore di lavoro al giorno (indicativamente tre o quattro ore al giorno: una condizione paritetica a quella dei raccoglitori) per assolvere con scrupolo al proprio incarico, al quale dovrà essere aggiunto un po' di tempo da dedicare al lavoro volontario, in qualsiasi campo si presenti la necessità. Il lavoro volontario dovrà sopperire ad eventuali ritardi o disguidi (che ovviamente ci saranno per varie motivazioni) nello svolgimento del normale programma di lavoro ma, soprattutto, permetterà ad ognuno di integrarsi bene nel sistema sociale ed eviterà potenziali emarginazioni o soprastime.
Il lavoro volontario sarà, per forza di cose, non specializzato (guidato tuttavia dagli specialisti) ma permetterà agli individui di impratichirsi in varie mansioni e conoscere le reali necessità produttive. Al lavoro volontario saranno affidate le grandi opere di bonifica e ristrutturazione ambientale del territorio; l'assistenza ai malati, agli anziani e ai bambini; i piccoli lavori di manutenzione; le raccolte stagionali di prodotti alimentari; il soccorso ad altre federazioni. L’utilizzo di una tecnologia più sofisticata non farà aumentare la produzione (cosa perfettamente inutile in una struttura autosufficiente), ma farà diminuire l’orario di lavoro. Non è neanche importante il tipo di lavoro che sarà assegnato ai singoli, perché tutti gli incarichi avranno la stessa importanza per il funzionamento del collettivo. Personalmente, penso che non sarei (e non mi sentirei) meno considerato se avessi l’incarico di spandere letame per concimare, piuttosto che essere un medico o un tecnico delle comunicazioni.
Lavoratori esterni
E' impensabile che una singola federazione, che necessariamente dovrà far uso di tecnologia complessa, possa essere completamente autosufficiente, perché non potrebbe fabbricarsi da sé tutti gli strumenti tecnologici necessari al suo funzionamento. Quasi tutta la tecnologia complessa dovrà inizialmente provenire dall’esterno e i modi per ottenerla sono soltanto due (ovviamente a mia conoscenza): acquisendola con la vendita nel mercato esterno di beni prodotti nel territorio comunitario, oppure con l’acquisizione di valuta corrente con la prestazione d’opera nel sistema economico esterno.
E’ noto che ogni forma di commercio tra la "civiltà" e i raccoglitori si tramutava in un vantaggio unilaterale, non certo in favore di questi ultimi. Stiamo pur certi che se la moneta di scambio fosse il legname pregiato, le multinazionali americane, europee e giapponesi indurrebbero al disboscamento totale. Se lo scambio si basasse sui prodotti del sottobosco si distruggerebbe il suolo del territorio, così come si estinguerebbero specie animali autoctone per procurare al mercato esterno carne e pellicce.
Ci ridurremmo come molti nativi americani, che per procurarsi bevande alcoliche, zucchero, sale, hanno praticamente disgregato i loro rispettivi gruppi. Le regole del gioco non le stabiliremmo noi, ma le multinazionali. Siamo noi che avremo bisogno della tecnologia e saranno loro in potere di procurarcela. La tecnologia dovrebbe servire per ristrutturare e conservare l’ambiente, ma in questo modo si otterrebbe l’effetto contrario. Il ripristino di un’ecologia umana comporta l’uscita insindacabile dall’economia di mercato, perciò una qualsiasi forma di commercializzazione con l’esterno (fosse anche solamente l’insalata della famiglia che abita nei pressi dei confini territoriali della federazione) é da valutare con cautela.
La seconda opzione prevede che una parte relativamente piccola di residenti (indicativamente 70-80 persone) dovrà avere un'occupazione retribuita al di fuori del territorio e portarne all'interno la valuta. Questi lavoratori esterni equivalgono, nel corpo umano, ai globuli rossi portatori del prezioso ossigeno, la "valuta" sottratta dall'ambiente esterno, che permette ad ogni cellula del nostro corpo di effettuare tutte le operazioni vitali per se stessa e per il sistema pluricellulare. Non credo sia possibile superare l'iniziale insufficienza tecnologica con metodi diversi da quello fornito dai lavoratori esterni.
Va precisato che questi non dovranno essere una "casta" specializzata, un corpo a parte dentro il sistema sociale della federazione, ma tutti gli abitanti, in un determinato periodo della loro vita, dovranno dare un tributo in termini di lavoro prestando la loro opera, sia nel mercato esterno (retribuita con valuta corrente) sia nel territorio di altre federazioni (scambio di manodopera gratuita). Sarà una sorta di "chiamata di leva" come avviene attualmente in molte nazioni per la ferma militare.
I giovani con i necessari requisiti saranno chiamati, per un certo periodo (indicativamente uno o due anni) ad impegnare le proprie energie per procurare la valuta necessaria all'acquisto di tecnologia complessa, dopo di che potranno essere sostituiti da altri giovani e vivere al sicuro dentro la federazione (se lo desidereranno) per il resto della loro vita.
Le preoccupazioni per i pericoli culturali, fisici e psichici, ai quali saranno soggetti questi giovani, sono più che legittime. Le potenti suggestioni dell’economia di mercato potrebbero certamente far dimenticare lo scopo per il quale un giovane dell’oasi comunitaria si trova in quel determinato luogo, in quel determinato momento. Ci sono vent’anni di tempo per "vaccinare" culturalmente il giovane ma, soprattutto, sarà il paragone tra la vita nella federazione e la vita nel sistema metropolitano che dovrà cautelarlo da sgradevoli sorprese.
La vita nel territorio comunitario dovrà offrire necessariamente qualcosa di più e di meglio di quanto possa offrire il mondo esterno: se ciò non fosse cesserebbe il motivo di esistere di queste esperienze. Nonostante questo la droga, la prostituzione, il potere del denaro, la tentazione di guadagni facili, la voglia di carriera o semplicemente l’innamoramento per la persona sbagliata, sono pericoli reali per l’integrità del giovane. Probabilmente un anno, o poco più di lavoro nel sistema competitivo sarà un’esperienza sgradevole, ma é bene che lo sia. Se fosse invece un’esperienza soddisfacente sarebbe l’evidente dimostrazione del fallimento dell’ecologia sociale umana che si vorrebbe ripristinare con l’istituzione delle federazioni di gruppi sociali. La mancanza di specializzazione indirizzerà i giovani lavoratori esterni a occupare le mansioni più umili e magari più faticose, ma anche questa é una condizione necessaria per vari motivi.
Per prima cosa disincentiva il giovane dalla potenziale voglia di fare carriera, che a sua volta lo preserva da deleterie rivalità con l’altro personale "competitivo". In seconda analisi permette di trovare un posto di lavoro anche in un sistema economico in crisi. A mali estremi, per facilitare l’assunzione dei giovani, la comunità potrebbe addirittura accordarsi con le aziende private per un breve periodo di apprendistato non retribuito. Il giovane lavoratore temporaneo esterno é una figura enormemente importante per il funzionamento della federazione, quindi é logico che siano curati anche i particolari minuti, in primo luogo l’immunoresistenza alle sirene del mondo esterno. In ogni caso non si butteranno i giovani allo sbaraglio, ma sarà loro affidato l’incarico di lavoratore esterno solo se si ritiene che siano in grado di sopportarlo (non é necessario che tutti i giovani diventino lavoratori temporanei esterni).
L’impatto dei giovani lavoratori sarà costantemente monitorato e in caso di evidenti cedimenti fisici, psichici e culturali, il giovane sarà richiamato nel territorio. Quando un numero sufficientemente alto di federazioni, collaboranti tra loro, permetterà di produrre tecnologia complessa si allenterà la dipendenza dall’economia di mercato, ma i lavoratori esterni continueranno ad essere una colonna portante per l’economia comunitaria, perché produrranno tecnologia all’interno delle varie federazioni.
Formazione individuale
Molte nazioni permettono l'istituzione di scuole private a patto che la preparazione dei singoli studenti segua un corso che lo Stato esige, quindi, anche se le scuole saranno all'interno della struttura centralizzata, saranno necessari esami statali per l'accesso alle scuole di livello superiore. Oltre che nozioni di cultura generale delle materie d'obbligo della scuola statale, é necessario uno studio sistematico di un "codice culturale" per permetterebbe la collaborazione attiva tra i gruppi, le famiglie e gli individui, perciò tutti, giovani e adulti, sono tenuti a sottostare a questo tipo di insegnamento.
Non meno importante é l’apprendimento di tutte le attività lavorative che permetteranno al sistema di funzionare. Queste tre fasi sono concatenate una all'altra, poiché la cultura generale faciliterà l'apprendimento del codice culturale, quest'ultimo faciliterà i rapporti sociali tra gli individui e lo svolgimento di tutte le attività lavorative, in un clima di collaborazione. Non ci sarà distacco tra istituzioni e privato perché il corpo insegnante sarà composto da membri della federazione. Un bambino al quale si insegnerà a far suoi i principi della comunità in cui vive diventerà, in seguito, un adulto che non entrerà in conflitto d'interessi con gli altri individui e sarà spinto a collaborare con loro.
Lo scopo essenziale dell'istruzione non sarà solo quello di formare professionalmente l'individuo ma, soprattutto, sarà quello di formare le persone come elementi bene integrati nel sistema sociale. In pratica, dovrebbe essere insegnato alle persone come soddisfare le proprie necessità soddisfacendo le necessità altrui, come é ben riassunto dalla "regola aurea" cristiana: "Fai agli altri ciò che desideri che gli altri facciano a te", così tanto disattesa, fraintesa e strumentalizzata dal potere ecclesiastico ed economico.
Si potrebbe obiettare che l'interesse collettivo é secondario e mediato perché nessuno dedica ai beni comuni neppure un istante delle proprie energie che invece si è pronti a dedicare ai propri congiunti. E’ proprio questo il punto! Il gruppo sociale dei raccoglitori é formato da famiglie che sono imparentate tra loro, quindi da individui che sono disposti a spendere energie per i propri congiunti. Niente a che vedere, dunque, con le economie centralizzate socialiste, che hanno ritenuto sufficiente coalizzare (il più delle volte con la violenza) un certo numero di persone tra loro estranee, per presumere che potessero altruisticamente collaborare.
I gruppi sociali che costituiranno le federazioni saranno sistemi sociali strutturalmente simili a quelli dei raccoglitori e avranno un elevato grado d’indipendenza all’interno della federazione. L’instabilità sociale delle varie comunità del passato si doveva principalmente al fatto che non erano legati da parentele o forti vincoli di amicizia. Il loro legame era solo di natura culturale, perciò molto più "friabile". Questo vale anche per quei sistemi utopici come la "Città del sole "o per "Utopia" o per la "Repubblica", che poggiavano la loro sopravvivenza sulla loro "imprendibilità" militare. Non denota questo che si trattava di sistemi chiusi, in perenne conflitto col mondo esterno dal quale erano costretti loro malgrado a difendersi? La federazione di gruppi sociali può invece rapportarsi in modo proficuo con qualsiasi sistema politico e non ha affatto bisogno di trincerarsi per non subire le influenze culturali, economiche e militari del sistema competitivo.
Servizi e prevenzione
La carenza di strutture pubbliche di protezione ai deboli come asili nido e d’infanzia, parchi giochi, scuole; oppure ospedali e strutture sanitarie; oppure case di riposo o centri d’incontro per anziani, sono solo un falso problema. In realtà a produrre questi bisogni é la competizione su cui si fonda questo sistema, che crea disparità ed emarginazione tra le razze, i ceti sociali e le generazioni.
Nella struttura centralizzata della federazione il problema della cura ai deboli potrà essere risolta con l’assistenza domiciliare, sia per i bambini, sia per i malati, sia per gli anziani, ma il vero grande vantaggio offerto sarà quello di eliminare le cause dell’emarginazione eliminando di netto la competizione tra gli individui.
Nella società di mercato l'individuo si trova da solo davanti alla lentezza asfissiante di ciò che é chiamato servizio pubblico. Le dimensioni mastodontiche del pubblico servizio sono tali da renderlo poco efficiente e antieconomico. In ogni caso é sempre il cittadino che si deve accostare al servizio e mai viceversa, per questo ci siamo abituati a lunghi tempi di attesa per una visita medica, per una pratica burocratica, per una domanda di lavoro o semplicemente per fare la spesa. A volte pagando un ulteriore servizio privato si possono abbreviare i tempi e ottenere una migliore qualità dei servizi, ma é sempre l'iniziativa dei singoli ad accostarli al servizio necessario: la chiamano libertà d'iniziativa ma é quello che provoca emarginazione e ingiustizia per i più deboli.
Questo rapporto cittadino-istituzioni sarà totalmente ribaltato nella federazione grazie alle dimensioni ideali del complesso, della completa assenza di competizione individuale e dello spirito di collaborazione che può essere instaurato nella coscienza delle persone. Nessuno dovrà mai più cercarsi un posto di lavoro, né sarà l'individuo a fare la spesa o ad occuparsi di una pratica burocratica. Non sarà l'individuo che andrà dal medico quando é malato, ma sarà il medico a recarsi da lui per impedire che la persona si ammali. Nessuna persona anziana dovrà più essere "scaricata" in un ricovero come un pacco ingombrante. Nella struttura centralizzata sarà garantita l'assistenza domiciliare a tutti coloro che ne avranno bisogno, in modo particolare malati e persone anziane, che potranno ricevere amorevoli cure non solo dal personale specializzato ma anche dai parenti, dagli amici, dai volontari, perché tutti abitano nello stesso piano o, comunque, dentro la struttura centralizzata.
La grande costruzione polifunzionale può permettere anche l’attuazione di un’efficace medicina preventiva, con una politica di informazione capillare che tocca in eguale misura tutta la popolazione, affinché si applichino le necessarie norme igieniche e sanitarie, comprese le periodiche visite mediche e analisi fisiologiche. Operazioni semplici (ma importanti ai fini del risultato) di prevenzione medica come i rilievi periodici di temperatura corporea, pressione arteriosa, peso, ecc. possono essere effettuati a "domicilio" dall'individuo o dalla famiglia, con strumenti collegati ai terminali dei singoli piani, che fanno capo al personale medico specializzato.
In questo modo, anomalie anche lievi possono essere segnalate tempestivamente e, se é possibile, superate. Non saranno neanche necessari numerosi letti specifici per la degenza degli ammalati, non solo perché con una massiccia prevenzione le persone si ammalano di meno, ma anche perché tutta la struttura stessa potrebbe funzionare come un grande ospedale. Il malato, nella maggioranza dei casi, può usufruire della sua camera, del suo letto e dei suoi servizi igienici personali nella sua abitazione, perché sarà il personale medico e di assistenza che si sposterà: la minima distanza faciliterà queste operazioni.
Per rafforzare i legami tra gli abitanti sarà privilegiata la tecnologia di comunicazione, sia con la videotelefonia interna via cavo, (per restare in tema di risparmio si potrà comunicare per quanto tempo si vorrà con ognuna delle 1500 o più persone della federazione ai soli costi di manutenzione impianti), sia con la telefonia mobile locale sia con la videotelefonia satellitare e internet per tenere i contatti con le altre federazioni. Informazione significa prevenzione, prevenzione significa risparmio di energia, per questo una voce importante nel bilancio sarà determinata dalla necessità di accedere alla tecnologia di informazione: computer, videotelefonia, stereofonia, materiale didattico scritto e audiovisivo. Una buona comunicazione produrrà un’altrettanto buona collaborazione, sia tra le famiglie di ogni gruppo, sia tra i gruppi, in modo tale che la coesione porti ad un sistema sociale stabile e funzionale.
Cooperazione e risparmio
La cooperazione organizzata tra la popolazione permetterà un notevole risparmio di energia e, nello stesso tempo, l'utilizzo di strumenti altamente tecnologici, sofisticati e costosi, che individualmente sono di solito inaccessibili. Pensiamo ai costi che le singole famiglie devono sobbarcarsi per vivere con un minimo di decorosità e di agio. Ogni famiglia dispone, per esempio, di una cucina con le relative attrezzature per la conservazione, la preparazione e il consumo dei pasti quotidiani. Già questa non é una spesa indifferente per il bilancio di ogni singola famiglia ma, se la dovessimo moltiplicare per le circa 400 famiglie potenziali della federazione, é facile capire quanto sarebbero più convenienti delle mense di gruppo. Naturalmente ogni famiglia e ogni individuo potrà scegliere se consumare i suoi pasti nel proprio appartamento o in locali collettivi.
A nessuno, in nessun caso, sarebbe tolta la sua "privacy", ma quello che é importante sottolineare é il vantaggio economico e funzionale che ha la preparazione dei pasti collettivi nei confronti di tante piccole cucine famigliari o individuali. Ogni gruppo, in ogni piano, potrebbe organizzare la sua mensa affidandone la gestione a personale specializzato coadiuvato dal lavoro volontario degli altri membri del gruppo. Che dire poi delle attrezzature da "bricolage" che sicuramente ogni famiglia, chi più chi meno, tiene a casa propria? A parte la semplice attrezzatura leggera anche attrezzi di un certo valore come trapani, smerigliatori, taglia erba, motoseghe, saldatrici, ecc. sono utilizzati per un tempo parziale, solo in determinate occasioni, ma hanno comunque gravato, in misura diversa, sul bilancio famigliare.
La cooperazione organizzata permetterebbe, invece, di ridurre gli sprechi perché sarebbe utilizzata a tempo pieno tutta la tecnologia acquistata e, con costi di gran lunga inferiori, si potrebbe disporre di attrezzature sofisticate, gestite da personale specializzato per il vantaggio di tutto il collettivo. Questo non deve far pensare che la sopravvivenza economica della federazione sia legata a una corsa all’ultimo modello tecnologico. Non é per nulla così.
Stiamo parlando di comunità autosufficienti che non devono sottostare alla legge di mercato, perciò se l’autosufficienza alimentare é garantita oggi con l’utilizzo di determinati strumenti tecnologici, lo sarà anche domani con gli stessi strumenti, a patto che funzionino. Solamente quando l’usura imporrà dei costi di manutenzione economicamente inaccettabili, uno strumento o un impianto potrà essere sostituito. Nella società di mercato uno strumento tecnologico deve essere in ogni caso sostituito, anche se funzionante, perché deve reggere il peso della competizione economica: ossia rinnovarsi tecnologicamente per poter vendere. La federazione non vende niente e non fa perciò concorrenza a nessuno. D’altra parte, però, é un acquirente di tecnologia e quindi un mercato appetibile per il capitale, anzi, é per questo un cliente formidabile. Quale nazione non vorrebbe vendere il suo prodotto interno senza avere la necessità di comprare nulla in cambio?.
Autosufficienza energetica
Gli esseri viventi utilizzano due modi diversi per produrre energia: quello foto sintetico, che é definito "primario", che trasforma la luce solare in energia chimica (cellule vegetali) e quello "secondario", che scompone e riutilizza quelle stesse sostanze chimiche (cellule animali). L'energia solare é la più abbondante e la più accessibile, siccome é sufficiente una temporanea esposizione alla luce del sole per procurarsi il necessario per vivere, senza necessità di spostarsi, ed é appunto quello che fanno gli organismi vegetali.
Gli animali, invece, non sono in grado di utilizzare direttamente la luce del sole e devono spostarsi per procurarsi l'energia chimica sottoforma di materiale organico, vale a dire il loro cibo. Seguendo l'esempio della cellula biologica, anche da questo punto di vista, la federazione dovrà garantirsi l'autosufficienza energetica e dovrà produrre da sé tutta l'energia elettrica e l'energia termica che le occorre. La luce solare le potrà fornire energia pulita, sicura, inesauribile (sotto quest'aspetto il territorio della federazione sarà simile ad una cellula vegetale). Attualmente l'energia a celle fotovoltaiche, prodotta trasformando in energia elettrica la luce del sole, é ancora poco utilizzata e stenta a "decollare" nell'economia di mercato. Ciò é dovuto agli alti costi di produzione rispetto alla resa e per la domanda insufficiente. Infatti, grandi centrali ad energia solare sono poco pratiche perché necessitano di grandi e costosi impianti di esposizione.
Le centrali nucleari, termoelettriche e idroelettriche possono produrre la stessa quantità di energia in spazi più contenuti e con rese maggiori, per questo vengono costruite grandi centrali che irradiano energia elettrica anche in zone lontane. Ora però bisogna fare alcune considerazioni. Per prima cosa dobbiamo considerare il rischio che queste centrali comportano, sia sull'ambiente sia sulla salute della gente. Nelle centrali nucleari c'é sempre il rischio di fuoriuscita di materiale radioattivo; sulle centrali termoelettriche grava la colpa dell'inquinamento; nelle grandi centrali idroelettriche, oltre all'impatto ambientale diretto prodotto dagli invasi, c'é sempre il rischio di rottura delle dighe di sbarramento. Come seconda cosa si deve considerare che quando parliamo di federazioni di gruppi sociali parliamo di entità locali di dimensioni ridotte, per cui sarebbero inutili e dispendiose la progettazione e la costruzione di grandi centrali, ma sono idonee fonti di energia elettrica sufficienti per una piccola popolazione di circa 1500 persone. C'é da dire, inoltre, che la tecnologia riguardante l'energia solare ha ancora un grandissimo margine di miglioramento e possono ridursi i costi di produzione, aumentando la potenzialità e la produttività delle celle foto voltaiche.
Energia solare
La struttura centralizzata può fornire la soluzione ideale per quanto riguarda lo spazio necessario all'esposizione dei pannelli foto voltaici. I circa 6000 o 7000 metri quadrati di pannelli, occorrenti per la produzione dell'energia elettrica necessaria, possono essere ricavati, direttamente, dalla superficie esterna della grande costruzione. Tre pareti su quattro e il tetto della struttura possono essere parzialmente rivestiti di questo materiale fotoelettrico che, tra l'altro, é impermeabile e termoisolante. In funzione di ciò la struttura sarà costruita orientandola in modo tale da trarre la maggior quantità di luce solare possibile. Un vantaggio, non solo estetico, di questi impianti é che non sono necessari costosi elettrodotti o pericolosi cavi elettrici sospesi, col loro relativo inquinamento elettromagnetico. Da sola, però, l'energia solare non sarà completamente sufficiente per tutte le esigenze della popolazione, almeno nell'immediato futuro.
Innanzi tutto la produttività di energia elettrica sarebbe variabile secondo la latitudine, le stagioni, il clima e le ore della giornata. Queste variabilità possono essere in parte colmate con batterie di accumulatori elettrici (attualmente molto sensibili di miglioramento tecnologico, vista la ricerca sistematica dovuta alla competizione tra le case automobilistiche per l'auto elettrica), in modo da avere sufficiente energia elettrica nelle ore notturne e nelle giornate poco illuminate. L'energia temporaneamente eccedente, oltre che per caricare gli accumulatori, potrebbe essere utilizzata per scindere dall'acqua, per elettrolisi, ossigeno e idrogeno. Il primo utilizzabile per funzioni igienizzanti e industriali e il secondo come carburante altamente energetico.
L'idrogeno liquido, almeno inizialmente, potrà essere prodotto solo in piccole quantità e potrà essere utilizzato, oltre che come carburante di mezzi agricoli e di trasporto, anche per produrre energia termica o per alimentare gruppi elettrogeni. La dotazione di gruppi elettrogeni (motori a scoppio che azionano turbine per la produzione di energia elettrica) sarà indispensabile, sia per integrare la variabilità dell'energia solare, sia per far fronte ad emergenze improvvise. Oltre all'idrogeno si potrà far uso di metano, un gas facilmente riproducibile con impianti relativamente semplici. Con l'ausilio di particolari batteri tutti gli scarti d'origine organica possono essere parzialmente convertiti in questo gas combustibile. I fumi prodotti dalla combustione del metano utilizzato per alimentare i gruppi elettrogeni sarebbero incanalati con i fumi del riscaldamento domestico (anch'esso prodotto in parte dalla combustione di questo gas) e neutralizzato in modo identico per mezzo di filtri elettrostatici. La società di mercato fa largo uso d'energia prodotta da risorse non rinnovabili, non solo esauribili, ma anche molto inquinanti.
E' la solita competizione economica (dove si antepone il profitto di pochi alla salute di molti) che fa ancora preferire il petrolio, il carbone, il gas fossile o l'uranio ad un'energia sicura e pulita ma economicamente non competitiva. Proprio perché le federazioni saranno completamente fuori della logica della competizione economica, quindi, ciò che conterà sarà solamente la salute e il benessere di tutti, potranno utilizzare solamente energia rinnovabile fornita dal sole, in modo diretto (foto voltaica) o indiretto (eolica, idrica....).
Risanamento ambientale
Fino ad ora l'aria che si respira, l'acqua che si beve, il suolo che si calpesta sono state considerate risorse gratuite, vista la loro abbondanza e la facilità con la quale vi si può accedere. Che i conti non tornano cominciamo a verificarlo quando, per una qualsiasi produzione industriale, parliamo di costi ambientali. La cellula biologica ha ricercato le soluzioni più idonee per conciliare la vita in un ambiente pulito con la spesa energetica destinata a questo scopo. Ne é venuto fuori un esemplare modello ecologico di riciclaggio dei rifiuti e di depurazione ambientale, con un bilancio costi-ricavi in perfetto pareggio, tale da far arrossire qualsiasi amministrazione cittadina che si vanta di essere all'avanguardia nella prevenzione ambientale. Per la verità non esiste città al mondo che sia in grado di riciclare la totalità dei rifiuti che produce, anzi, più frequentemente, una città, tanto più é grande tanto più ha difficoltà, non solo a riciclare i propri rifiuti ma anche solo di neutralizzarli o distruggerli.
E' significativo osservare come l'evoluzione tecnologica non possa stare al passo con i problemi che essa stessa crea all'uomo. E' vero che vengono di continuo migliorate le tecniche per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi, per la depurazione dei rifiuti liquidi e per frenare l'immissione dei rifiuti aerei, ma resta il fatto che per adeguarsi allo stile di vita che é loro imposto dall'ammodernamento urbano le persone producono sempre più rifiuti, per il semplice motivo che cresce la spesa energetica individuale necessaria all'adattamento. La federazione, per essere ecologicamente "neutra", cioè con un tasso d'inquinamento "zero", non deve immettere nell'atmosfera fumi, gas, polveri; non immettere nel suolo e nei corsi d'acqua inquinanti d'origine biologica e chimica; riciclare e neutralizzare i rifiuti solidi nella loro totalità. La maggior parte dei rifiuti solidi che oggi produciamo sono imballaggi di prodotti alimentari e non, necessari per il loro trasporto: carta, cartone, plastica, metalli, legno...
Sicuramente una metodica raccolta differenziata permetterebbe di riciclare buona parte di questi materiali e risparmiare energia, però bisogna essere consapevoli che in questo modo si attenua l'effetto deleterio ma non s'incide sulla causa che lo ha prodotto. C'é invece da chiedersi: perché mai c'é così tanto bisogno di imballare merci? E in seconda analisi: perché mai c'é bisogno di un trasporto così intensivo? C'é forse in ballo una necessità vitale nel fatto che della semplice acqua sia imbottigliata e trasportata a centinaia di Km di distanza, magari in zone ricche di sorgenti d'acqua e a loro volta esportatrici d’acqua imbottigliata? Dal punto di vista del risparmio energetico é un non senso, uno spreco totale, anche se in perfetta sintonia con lo stile di vita consumistico in cui siamo immersi.
Ogni territorio, se opportunamente ristrutturato e curato, può essere in grado di offrire la maggior parte di ciò di cui i propri abitanti hanno bisogno, almeno per quanto riguarda l'acqua e gli alimenti, perciò l'obiettivo di una federazione dovrà essere l'autosufficienza alimentare. Questo ridurrebbe drasticamente l'energia adibita al trasporto e l'inquinamento ad esso collegato, compresi i materiali d'imballaggio. I rimanenti rifiuti solidi saranno rifiuti "umidi" facilmente riciclabili in mangimi animali, fertilizzanti naturali o per produrre metano. Grazie alla struttura centralizzata saranno dimenticate le varie "campane" per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi, oggi dislocate negli angoli più accessibili dei territori comunali, e gli antigienici "cassonetti", disseminati lungo tutte le strade comunali, che impegnano non poco personale ed energie per lo smaltimento dei rifiuti solidi.
Rifiuti liquidi e aerei
Concentrando la popolazione in un’unica struttura abitativa anche lo smaltimento dei rifiuti liquidi può trovare la soluzione ideale, cosa che attualmente non sta avvenendo in qualsiasi parte della Terra, se come risultato possiamo considerare l'inquinamento generalizzato, più o meno serio, dei fiumi, dei laghi, delle zone costiere del mare e delle falde acquifere. A volte parte delle reti fognarie cittadine (quando ci sono!) scaricano il loro contenuto direttamente nei vicini corsi d'acqua, così pure i liquidi di scarto delle lavorazioni industriali.
L'applicazione di severe leggi a riguardo potrebbe attenuare l'inquinamento delle acque ma, come per i rifiuti solidi e aerei, cresce più in fretta la quantità di rifiuti liquidi prodotta che non la capacità di smaltirli, perché cresce la spesa energetica individuale necessaria all'adattamento. Non che il livello tecnologico sia carente dal punto di vista della qualità, ma non é sempre raggiungibile per i suoi costi elevati. D'altra parte, i grandi inquinamenti necessitano di grandi impianti di depurazione, con relativi costi d'insediamento e di gestione.
L'impossibilità pratica di provvedere alla totale depurazione delle acque é dovuta alla grande dispersione nel territorio degli insediamenti abitativi e degli impianti industriali. Solo potendo concentrare gli uni e gli altri si avrebbero impianti di depurazione a costi ragionevoli ed é l'obiettivo che dovrà prefiggersi la federazione. Prendiamo per esempio un comune attuale di meno di 2000 abitanti, dove le persone dimorano in case e palazzine distribuite su buona parte del territorio comunale. Se la popolazione potesse concentrarsi in un'unica struttura efficiente, altamente tecnologica, sarebbe enormemente facilitato lo smaltimento dei rifiuti liquidi, perché non sarebbero più necessarie le reti fognarie e le lunghe condutture per il convogliamento ai depuratori (che come detto sono ancora "optional" di lusso per la maggior parte dell'umanità), mentre un piccolo impianto di depurazione in dotazione ad ogni federazione sarebbe sufficiente alla soluzione del problema. Non saranno necessari neanche depuratori chimici perché non si farà uso di prodotti non biodegradabili. I soli rifiuti liquidi della popolazione saranno d’origine biologica.
Attualmente, nella società di mercato, gli inquinanti aerei d'origine umana sono per lo più prodotti da scarichi industriali, dall'uso di mezzi di trasporto, dal riscaldamento domestico e dall’attività agricola. L'imposizione di combustibili, carburanti e prodotti chimici meno inquinanti può attenuare il problema ma resta il fatto che, in conseguenza delle attività umane, aumenta il concentramento di gas nocivi nell'atmosfera, mentre stanno diminuendo le zone forestali della Terra che sono i filtri naturali di questi gas. Concentrando le circa 1500 persone della federazione in un'unica struttura abitativa ne trarrebbe vantaggio anche la depurazione dei rifiuti aerei.
Si potrebbero incanalare tutti i fumi prodotti dal riscaldamento domestico (cosa inattuabile con la diffusione odierna dei siti abitativi) per poi abbatterli con filtri elettrostatici e trasformarli in polveri facilmente neutralizzabili o addirittura riutilizzabili. Questa tecnologia é ancora relativamente costosa e non é ancora accessibile alla singola famiglia e neanche a gruppi di famiglie condominiali di ceto medio, per questo é impensabile che la società di consumo possa offrire una soluzione al problema. Così come saranno neutralizzati i fumi da riscaldamento saranno neutralizzati i rifiuti aerei delle attività industriali (che comunque saranno modeste).
Fattore tutt'altro che trascurabile, sarebbe drasticamente ridimensionato l'uso d’autovetture private col loro relativo inquinamento aereo. Questo per due motivi. Il primo motivo é perché non sarebbero più necessarie le strade "tra" le case, giacché non ci sarebbero più le case, ma sarebbero sufficienti pochissime vie di comunicazione tra i "nuclei", nei rispettivi territori, quindi sarebbero preferiti mezzi di trasporto collettivi, come piccoli treni e autobus elettrici o ad alimentazione a idrogeno liquido. Il secondo motivo é perché la ricerca dell'autosufficienza farà sì che la maggior parte della popolazione abbia un'attività lavorativa all'interno del territorio e verrebbe a ridursi sensibilmente la necessità di viaggiare, almeno per lavoro. Anche i macchinari agricoli saranno alimentati elettricamente o con idrogeno liquido, energie che il territorio potrà produrre da sé.
Autosufficienza alimentare
Le cellule del corpo umano sono strutture autonome che dipendono solo in parte dal collettivo per il loro metabolismo. In modo similare la popolazione della federazione potrà trarre il suo fabbisogno alimentare dal territorio in cui é insediata, che, opportunamente ristrutturato, potrà offrire tutto il necessario sottoforma di proteine, vitamine, carboidrati, grassi, zuccheri, sali minerali, acqua. Ognuna di queste entità potrà variare le sue colture e i suoi allevamenti (o indirizzare la propria economia alimentare verso la permacoltura) secondo i gusti degli abitanti e delle caratteristiche morfologiche e geografiche del territorio.
L'unica cosa in comune che dovranno avere é la programmazione delle risorse nei rispettivi territori. Solo quando l'autosufficienza alimentare non é materialmente possibile (o ancora non lo é) sarebbe auspicabile l'intervento di altre federazioni per integrare queste carenze alimentari ma, soprattutto, é auspicabile una massiccia opera di volontariato da parte di queste ultime tesa alla ristrutturazione del territorio della federazione non autosufficiente, perché lo possa infine diventare. Essere ecologicamente "neutri", inutile dirlo, significa anche produrre alimenti non trattati con sostanze tossiche, quali insetticidi, anticrittogamici, erbicidi; oppure con conservanti, aromatizzanti, coloranti; o ancora con antibiotici, ormoni e altre meraviglie sintetiche che oggi siamo costretti, o quasi, nostro malgrado a inghiottire. Ciò sarà possibile, in primo luogo, perché gli alimenti prodotti non saranno soggetti a nessuna legge di mercato, ma utilizzati per proprio bisogno. Va anche detto che una sana alimentazione farà parte del programma di medicina preventiva.
Anche se i costi di produzione alimentare saranno superiori a quelli del mercato esterno (senza trattamenti chimici la quantità d'alimenti prodotti sarà certamente inferiore, anche con la lotta biologica o altri accorgimenti tecnici) ci saranno, però, notevoli vantaggi nella trasformazione e nella distribuzione. Un prodotto a coltura intensiva immesso oggi sul mercato deve aggiungere, ai suoi bassi costi di produzione, l'onere del trasporto e della distribuzione all’ingrosso e al dettaglio, nonché gli scarti delle giacenze invendute.
Nella federazione queste voci aggiuntive non esisteranno perché gli alimenti avranno un trasporto molto limitato, giacché saranno prodotti, trasformati e consumati dentro al territorio. Non subiranno mediazioni di mercato perché ci sarà un passaggio diretto dal produttore al consumatore, anzi, queste due figure saranno in realtà lo stesso soggetto. Non ci saranno lunghe giacenze di magazzino perché i prodotti facilmente deperibili come la carne, il pesce o gli ortaggi saranno consumati freschi secondo le richieste preventive degli abitanti, perché saranno loro stessi a partecipare alla stesura di un programma per la produzione e la trasformazione di alimenti.
Cambiamenti utili
La ricerca della soluzione dei nostri problemi immediati provoca dei mutamenti sociali e ambientali che, apparentemente, avanzano in direzioni non prevedibili. Una visione complessiva della natura nel suo divenire evidenzia, invece, che tutta la storia umana ha in realtà una finalità a cui la nostra specie non potrà sottrarsi. E’ dunque perfettamente inutile contrastare la corrente impetuosa della "civiltà", l’uomo non ne ha il potere.
Tutte le rivoluzioni, o pseudo tali, che dovevano portare a una condizione di vita a "misura d’uomo" hanno contribuito anch’esse all’imbarbarimento della società e alla spogliazione del pianeta. La realizzazione pratica di ideali umani di solidarietà, di libertà, di uguaglianza, di giustizia non potrà avvenire cercando di modificare o abbattere la natura intrinsecamente aggressiva del capitalismo e di ogni forma di autoritarismo (significherebbe "cozzare" contro la logica della natura, rendendo vana e dispersiva ogni forma di impegno mirato), ma semplicemente evadendola, aggirandola, quasi disinteressandosi ad essa. Cerco di spiegarmi meglio con un aneddoto sul mondo animale.
I macachi del Giappone sono primati che vivono in gruppi sociali e sono strutturati in ordine gerarchico, al cui vertice c'è un maschio dominante, sempre intento a conservare i suoi privilegi sulle femmine, sul territorio e sui subordinati. Anche il minimo cambiamento di abitudini in seno al gruppo é inteso come un pericolo per il suo potere. Al contrario, i giovani del gruppo, che non hanno niente da perdere, sono disposti a cambiare con facilità le loro abitudini, se questo può giovare. I macachi sono tra gli animali selvatici più studiati in natura, perché vivono ai confini di insediamenti umani con alta densità di popolazione. Il turismo zoologico é molto diffuso e frequenti sono i visitatori che portano del cibo a questi animali, che, proprio per questo, hanno cambiato le loro abitudini alimentari, perdendo progressivamente la loro autosufficienza in natura. Si é cominciato a offrire dei chicchi di grano, depositandoli sulla sabbia nei pressi di un ruscello. Inizialmente i macachi ingurgitavano chicchi mescolati a sabbia, fino a quando qualche animale ha avuto il "colpo di genio" di buttare il cibo in acqua, cosicché la sabbia andava a fondo e i chicchi rimanevano a galla, facilitandone la separazione. Questo comportamento é stato immediatamente imitato dai giovani, ma non dagli adulti, che continuavano imperterriti a trangugiare chicchi e sabbia. Il loro orgoglio (se di orgoglio si può veramente parlare per un animale) e la paura che le novità potessero scalzarli dalle loro posizioni sociali, li evidenziava come tenaci conservatori. Non so se quel maschio dominante é stato scalzato dal suo trono da un pretendente, oppure se é invecchiato mantenendo inalterati i suoi privilegi sociali, ma certamente la "rivoluzione" é stata compiuta, ed ora tutti i macachi, compresi i nuovi dominanti che si sono susseguiti nel tempo, lavano il grano prima di mangiarlo.
La lezione che potremmo trarne é questa:
1) I cambiamenti utili partono sempre dal basso
2) I cambiamenti utili si diffondono per imitazione e non per imposizione
3) Il potere centrale é indifferente ai cambiamenti utili delle masse
4) I cambiamenti utili avvengono senza lo scontro diretto col potere
5) La violenza non é mai garanzia di cambiamento ma strumento di conservazione
6) Il potere non si modifica ma viene sostituito
Strategia virale
Una rinnovata ecologia sociale e ambientale planetaria non avverrà mai per iniziativa delle persone e degli apparati che detengono il potere, che tendono invece a conservare i loro privilegi derivanti appunto dagli scompensi ecologici del pianeta, ma non avverrà neanche con lo scontro diretto col potere. Come la natura ci dimostra, una qualsiasi struttura semplice o complessa, come può essere una stella, una colonia di formiche o un corpo umano, non si crea modificando un aggregato già esistente, ma avviene sempre sviluppandosi progressivamente attorno a un piccolo nucleo centrale.
In altre parole, la stabilità di Gaia non avverrà inducendo il sistema competitivo alla "riforma" o piegandolo con un rapporto di forza, ma impiantando degli "embrioni" (ossia delle federazioni di gruppi sociali) che, col loro sviluppo, andranno progressivamente a sostituire la struttura economica e sociale della nostra "civiltà", che nel frattempo, purtroppo, continuerà la sua azione cancerogena nei confronti del pianeta e della sua popolazione vivente. Anche se apparentemente scenderanno a compromessi col potere, queste federazioni non saranno in simbiosi con esso, ma saranno un corpo estraneo nel corpo stesso del sistema.
Eludere il sistema immunitario del sistema competitivo significa estraniarsi dalla vita politica della "civiltà", non creare situazioni controproducenti e pericolose scontrandosi con le istituzioni. Non solo non servirebbe a ottenere di più, ma scatenerebbe la reazione immunitaria del sistema capitalistico. La strategia di un virus é quella di infiltrarsi nel D.N.A. cellulare e indurre la cellula, inconsapevole, a replicare tante copie virali.
Occorre una strategia d’azione che superi i confini nazionali, come se non esistessero, "infettando" il sistema (con federazioni autosufficienti) come un virus che infetta le cellule del corpo umano. Anzi, come il virus dell’AIDS, che non solo elude la sorveglianza del sistema immunitario, ma attacca "silenziosamente" proprio i globuli bianchi incaricati di distruggere i corpi estranei. Se questo virus avesse optato per uno scontro diretto col sistema immunitario, non avrebbe nemmeno fatto notizia e sarebbe già stato distrutto e dimenticato. E’ ciò che é accaduto a tutte le rivoluzioni violente, che hanno stravolto un sistema politico ma non hanno spezzato il "cerchio della civiltà".
Non é sufficiente lottare contro un potere politico ed economico, la lotta dell’umanità dovrà essere contro tutta la sua storia. Non cercare lo scontro con lo stato non significa scendere a compromessi col nemico, ma usufruire di tutti quei vantaggi "legali" che possono far crescere questi embrioni, che gradualmente cominceranno a infiltrarsi nella vecchia struttura competitiva e parassitaria, fino a svuotarla dall'interno ed esautorarla, un processo che sarà possibile solo creando così poco disturbo da non svegliare il suo "sistema immunitario". In qualche modo siamo tutti invischiati nella ragnatela del sistema e, per poterne uscire indenni, non dobbiamo "agitarci" troppo, perché possiamo svegliare il ragno e rischiamo di essere punti e paralizzati dal suo veleno. Quello che possiamo fare dovremmo farlo alla luce del sole, in perfetta armonia con le leggi vigenti, nel pieno rispetto delle autorità costituite. Non é un paradosso é l’unica rivoluzione possibile.
Rapporti col potere
I problemi che si porranno innanzi alla realizzazione di queste microsocietà autosufficienti sono molteplici. Si presenterebbe comunque il problema di come preservare integro il nascente sistema sociale per le pressioni esterne. Per evitare che un potere nazionale possa smantellare militarmente queste entità, c’é realisticamente un solo modo: avere buoni rapporti col potere nazionale. Uno scontro col potere, fosse anche solo formale, non porterebbe alcun beneficio pratico alla popolazione, che, invece, avrebbe la possibilità reale di ritrovare la propria ecologia sociale avvalendosi di leggi già esistenti. Penso perciò che cercare di dare caratteristiche di "imprendibilità" a queste comunità locali, sia anacronistico, inutile e deleterio.
Per avere la garanzia di esistere, prima ancora di essere un’alternativa appetibile per le persone che dovrebbero costruirle e viverci, queste esperienze comunitarie dovrebbero essere appetibili al potere economico. Dovrebbero cioè avere una qualche utilità per il mercato, perché essere un sistema socio-economico chiuso (quindi inutile per l’economia capitalistica) e non interferire nelle vicende altrui, non significa che gli altri accettino di non interferire nelle nostre vicende. Purtroppo non si possono basare i rapporti con le istituzioni sulla fiducia e sulla reciproca dichiarata onestà. Mi ricordano i trattati stipulati dai "bianchi" con le popolazioni native del Nord America! Non è sufficiente non dare fastidio a nessuno per garantirsi l’esistenza, e il "vivi e lascia vivere" è una regola che il capitale accetta solamente se ci guadagna. Sarebbe oltremodo ingenuo pensare che una promessa scritta possa fermare l’avidità dei potenti, davanti a degli ipotetici guadagni. Insomma, il potere deve guadagnarci dall’esistenza delle federazioni di gruppi sociali e certamente potrà avere il suo guadagno.
I rapporti commerciali saranno a senso unico, in quanto sarà il mercato esterno a vendere a queste oasi comunitarie e non viceversa (potrebbero sorgere pericolose inimicizie anche solo se si entrasse in competizione col piccolo mercato locale). Con i proventi dei "lavoratori esterni" le federazioni potranno acquistare la tecnologia necessaria al loro funzionamento, diventando perciò un mercato "appetibile". Oltretutto sarebbe un mercato con nuovi sbocchi, perché si tratta di una tecnologia particolare, ad uso più collettivo che individuale (non una tecnologia "fai da te", ma "fai con gli altri"). Questo accentuerebbe la competizione tra le società produttrici e metterebbe le comunità al riparo da ipotetici ricatti economici. Sarebbe paradossalmente lo stesso governo nazionale a proteggere una sua fonte di reddito che, per contro, non gli costa quasi nulla, dal momento che i "servizi" sono a carico di queste comunità locali (che sono autosufficienti anche in questo).
Passato e presente
La “grande casa comune” non potrà permettere l’immediato ripristino della naturale socialità umana dei cacciatori-raccoglitori, ma potrebbe essere l’indispensabile avvio per l’auspicata inversione di tendenza. Inoltre ci sono innumerevoli vantaggi materiali che inciderebbero positivamente sulla qualità della vita. Si moltiplicherebbe la quantità di terreno coltivabile disponibile e lo spazio necessario alla riforestazione; si eliminerebbero di netto tutte quelle sovrastrutture inutili, dannose e costose, come strade, case, fognature, gasdotti, oleodotti, acquedotti, elettrodotti e tutti gli altri …”dotti” indispensabili, invece, per adattarsi (in malo modo!) alla “civiltà”. Sarà anche una battuta d’arresto per l’inquinamento (solido, liquido, aereo). Fattore non trascurabile sarà la possibilità di uno sviluppo demografico adeguato all’effettivo ricambio generazionale e non alle risorse disponibili.
La vita comunitaria non creerà problemi più di quanti ne ha creati per migliaia e migliaia di anni ai raccoglitori-cacciatori. Solo alla luce dei fatti, però, si potrà dire quanto il condizionamento culturale del sistema è stato, per ognuno di noi, più forte della nostra socialità innata. Per la verità, nel corso della storia umana sono sorti parecchi tipi di comunità, che erano in controtendenza rispetto al normale vivere individuale e competitivo, dagli Esseni del Mar Morto agli Hamish americani, dai Kibbutz israeliani alle Comuni agricole cinesi, dalle confessioni di monaci cristiani occidentali a quelle buddiste orientali; così come molte sono rimaste sulla carta e mai espresse, come la "città del sole" di T. Campanella o di Utopia di T. Moore.
Tutte queste entità erano destinate a rimanere isolate, così come lo erano gli antichi gruppi di raccoglitori, perché, per federarsi e creare un sistema di livello superiore, sarebbe stata indispensabile una forma di comunicazione in tempi reali, che solo ora, o in futuro prossimo potrà essere disponibile. Forse potrebbero svilupparsi tanti modelli di oasi comunitarie, così come, ai primordi dell’evoluzione biologica, dopo la formazione della prima cellula nucleata, la natura si è sbizzarrita per formare una miriade di protozoi e alghe unicellulari, diversi per forme e dimensioni, ma solo una e una sola, tra queste migliaia di specie, é stata abbastanza "sociale" per dare inizio al processo di formazione degli organismi pluricellulari, uomo compreso.
E’ probabile che un solo modello di queste esperienze comunitarie possa riprodursi per dare corpo a un sistema planetario. Ormai l’ecologia umana non potrà più concretizzarsi solo a livello di gruppo o di federazione di gruppi, ma solo in un contesto globale, come alternativa alla globalizzazione del sistema di mercato. Sarebbe estremamente limitativo cercare di appropriarsi delle briciole ancora non divorate dal sistema (che prima o poi divorate lo saranno), come le ultime foreste vergini equatoriali o le foreste sub-artiche di conifere, ma sarebbe rivoluzionario essere invece in grado di utilizzare gli scarti "digeriti" da questo sistema, come i deserti o gli insediamenti abbandonati.
Si ripeterà la rivoluzione biologica che hanno visto come protagoniste le prime cellule nucleate, che utilizzavano l’ossigeno come loro elemento vitale, cioè il prodotto di scarto del processo "digestivo" dei batteri che le hanno precedute. Sul piano teorico, non è per nulla un’utopia ma una realizzazione fattibile, perché il momento storico che stiamo vivendo assume potenzialità del tutto diverse dal passato, proprio per le opportunità offerte dal rapido sviluppo delle telecomunicazioni.
Emancipazione
Le contraddizioni sociali ed economiche sorte con l’inizio della storia umana si sono accentuate fino ai nostri giorni, facendo crescere, di pari passo, la necessità degli esseri umani di uscire da queste stesse contraddizioni. I problemi sono sempre stati più numerosi delle proposte e dei tentativi di soluzione, ma la speranza di poterli risolvere e di vivere in una società di uomini liberi é legata alla possibilità di liberarsi dai bisogni artificiali che induce il sistema della competizione.
L’emancipazione sarà possibile solo col proponimento e la realizzazione di una società priva di contraddizioni: vale a dire un sistema (la federazione di gruppi) che, pur tenendo conto del potenziale offerto dalla conoscenza scientifica e dalla tecnologia, poggi la sua condotta sociale, economica e ambientale sul modello degli antichi raccoglitori, in una parola sul comunismo primitivo. Ogni altra soluzione é da considerarsi solo una temporanea pausa, un tentativo di freno verso quel tragitto obbligato della natura, che porterà ineluttabilmente al sistema federativo. Perché pensare che sia sufficiente tornare indietro solo per un tratto di strada se le esperienze dimostrano che tutta la strada é sbagliata? La strada sbagliata noi l'abbiamo imboccata quando siamo usciti dal giardino dell'Eden, quando abbiamo iniziato a disgregare il gruppo sociale, perché andare a ricercarla altrove?
E’ inevitabile che l’umanità debba perciò compiere un percorso rivoluzionario rispetto alla sua storia. Forse é meglio precisare che per rivoluzione si dovrebbe intendere un’inversione di 360° (così la terra fa ogni anno una rivoluzione intorno al sole) ma, vista la cosa in questa prospettiva, durante tutto l’arco della storia umana, in sostanza di rivoluzioni non ce ne sono mai state. Perfino i moti insurrezionali marxisti-leninisti, se fossero stati effettivamente rivoluzionari avrebbero, obbligatoriamente, indirizzato a condizioni sociali, economiche e ambientali simili al comunismo primitivo (inversione di 360°), ma sono malinconicamente approdati tutti nella...”fattoria degli animali” (la metafora perfettamente illustrata da G. Orwell sullo statalismo autoritario sovietico)!
Si possono trovare cento scuse per giustificare il fallimento degli obiettivi di una rivoluzione violenta, ma ci saranno sempre centouno motivi per non avventurarsi in un insensato, inutile, inumano dispendio di energia e di vite. Al di là delle sue giustificazioni e dei suoi obiettivi, non c’é nessuna guerra che vale la pena di essere combattuta. Una guerra tradizionale, ovviamente, perché serve sempre ai ricchi e uccide sempre i poveri, ma nemmeno una guerra di “liberazione” che, alla luce dei fatti, impone o uccide la libertà di una parte di popolazione e non porterà mai a una società a misura d’uomo. Secondo i dettami marxisti, la collettivizzazione dei mezzi di produzione doveva essere il tramite per arrivare a una società senza classi, ma il mezzo si é trasformato in obiettivo, un ostacolo insormontabile.
La verità é che nessuna imposizione culturale potrà mai portare alla libertà e all’emancipazione da questo sistema di cose. La vita in una federazione autosufficiente sarà “storicamente“ rivoluzionaria, ma la vera rivoluzione comportamentale deve avvenire in ogni singolo individuo, plasmando la propria personalità alla vita comunitaria.
Ogni qual volta le masse si sono coalizzate é stato invece per soddisfare una contingente materialità: "La storia ci ha insegnato che un popolo affamato fa la rivoluzion".…evviva la pappa col pomodoro! Le masse non sono un corpo unico, ma sono solo un aggregato temporaneo di persone che in un determinato momento hanno delle esigenze comuni. La cosa mi ricorda le locuste che, in condizioni di particolare avversità ambientale, diventano eccezionalmente gregarie e formano quegli enormi sciami migratori distruttivi per la ricerca del cibo. Una volta soddisfatto questo bisogno l'aggregazione esaurisce la sua funzione e si frantuma, perché non ha più motivo di esistere. La coscienza rivoluzionaria deve invece essere qualcosa che lega gli individui in modo perenne, facendo in modo che i loro bisogni siano comuni in modo continuativo.
Le masse non sono come una vigna, dove i singoli grappoli maturano quasi contemporaneamente, consentendo di fare una sola "vendemmia", ma sono come un fico, dove i singoli frutti maturano in tempi diversi su periodi relativamente lunghi, semplicemente perché, in una società competitiva come la nostra, i bisogni individuali tendono a diversificarsi in misura crescente da persona a persona.
Organizzazione non politica
La transizione al sistema federativo avverrà gradualmente, in tempi proporzionali al desiderio della gente di liberarsi, fornendo un programma nel quale gli individui, non la massa, possano riconoscersi e liberamente partecipare. Tuttavia sarà necessaria un’organizzazione di sostegno, che non avrà mai l’obiettivo di ricercare lo scontro frontale con lo stato: perché cercare di sfondare una porta quando si hanno le chiavi in tasca?
La politica é qualsiasi rapporto tra cittadino e istituzioni, finalizzato a mutare di continuo le regole che sono alla base di questo stesso rapporto. E' un tiro alla fune tra governo e governati, ma per fare politica non é necessario militare in qualche partito politico tradizionale o in qualche movimento d'opinione. Anche facendo parte di associazioni culturali o ecologiste o umanitarie, si fa politica. Un gruppo di persone che sottoscrive una petizione al comune, per fare spostare un cassonetto dei rifiuti o per fare installare un lampione in più in una via cittadina, fa politica. "Contrattare" con lo stato e le sue istituzioni significa legittimare il sistema politico ed economico, per cui l’organizzazione popolare di sostegno alle federazioni, che non si riconosce nel sistema competitivo in cui vive, non può quindi fare politica. D’altra parte, qual ora non pagassi le tasse o, comunque, non rispettassi le regole dello stato, entrerei in competizione con le istituzioni e quindi farei politica. Le leggi liberiste istituite per legittimare la grande proprietà privata e lo sfruttamento del lavoro salariato sono valide, a tutti gli effetti, anche per la costituzione di federazioni.
La proprietà é sacra? Ebbene, gli abitanti di una federazione saranno proprietari di un territorio, al cui interno non ci saranno né proprietà privata né lavoro salariato. Gli imprenditori vogliono mettere in ginocchio la pubblica sanità o la pubblica istruzione, lucrando su case di cura, case di riposo e scuole private? In questo modo è dato alla federazione la possibilità di gestire autonomamente la sanità, l'assistenza e l'istruzione. Si tende a privatizzare la produzione e la vendita di energia elettrica, gas, acqua, telefonia?
La federazione é perfettamente in grado di prodursi da sé tutte queste cose (risparmiando!). Perché resistere allo stato a livello nazionale e lottare per il diritto alla scuola, all’assistenza sanitaria e sociale, per un lavoro sicuro, per la riduzione dell’orario lavorativo, per un migliore rapporto cittadini-istituzioni, per migliori servizi, ecc., o addirittura per tentare di prendere un potere nazionale che non si potrebbe mai usare per il bene comune, quando tutte queste cose (in condizioni notevolmente migliori) si possono ottenere in modo completo e senza conflitti sociali, usufruendo di leggi già esistenti nel territorio nazionale? A livello locale si potranno effettivamente risolvere tutti i problemi sociali e ambientali caratteristici di questo sistema, che non potrebbero mai essere risolti a livello di nazione, non importa se capitalista o socialista.
Che lo stato possa servirsi di queste microsocietà autonome fino a quando gli farà comodo é scontato, ma saranno soprattutto queste comunità che potranno servirsi dello stato per la loro sopravvivenza e il loro sviluppo. Una grande organizzazione popolare, inerte politicamente ma “feroce” culturalmente, avrebbe quindi anche una funzione preventiva in vista dei futuri accadimenti.
Siti di insediamento
Un altro ostacolo che può frapporsi nella realizzazione di una struttura così complessa, come lo é la federazione di gruppi sociali, é la ricerca di uno spazio fisico idoneo per il suo insediamento. E’ senz’altro vero che un’oasi comunitaria, per insediarsi, ha bisogno di un territorio vergine o comunque libero, ma non é necessario emigrare negli angoli meno accessibili del pianeta per trovare gli spazi necessari. Per la verità, nella sua conquista economica del mondo, il capitalismo lascia dietro di sé enormi spazi inutilizzati, perché antieconomici.
In questo momento, mentre scrivo, sto guardando fuori della finestra e vedo chilometri di terreni inutilizzati o scarsamente utilizzati. Abito in una zona collinare morenica di 400-500 metri di altitudine, in prossimità delle Prealpi biellesi, in un comune che ha trecento abitanti scarsi, a una ventina di chilometri da Biella. Nel Biellese é sorta nel 700 la prima industria italiana, quella della lavorazione della lana. Innumerevoli stabilimenti tessili sono stati impiantati lungo i torrenti (il Biellese é una zona ricca d’acqua) e i macchinari erano mossi direttamente dalla forza dell’acqua, giacché ancora non era stato inventato il motore a vapore, a scoppio o elettrico.
Ancora oggi i maggiori impianti si trovano lungo i torrenti. Anticamente questa era una zona povera e l’economia poggiava prevalentemente su attività silvo-pastorali, da qui la produzione della lana. Fino a quando era vantaggioso produrre la lana in loco i pascoli collinari erano ben curati, ma con l’acquisto di lane d’importazione, più economiche e di migliore qualità, l’allevamento locale delle pecore ha perso importanza e i pascoli sono stati progressivamente abbandonati, sostituiti da fitte boscaglie incolte. Il danno ecologico é stato enorme, perché la manutenzione dei torrenti non era più effettuata con regolarità, causando alluvioni e frane.
Solo nel 1968 un‘alluvione ha causato più di cento morti tra la popolazione locale. Per le loro caratteristiche geografiche i terreni di questa zona hanno scarso valore commerciale, perché, così come sono, sono inadatti ad attività agricole o turistiche. Per esserlo dovrebbe accadere ciò che é scritto in Isaia 40:4, cioè: "Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura".
Certamente questo é fuori da ogni logica di profitto e nessun imprenditore privato, come neppure lo stato e le sue emanazioni istituzionali, non si sognerebbe mai di attuare una cosa simile, perché economicamente "il gioco non vale la candela". Le federazioni sono però fuori dalla logica della competizione e del profitto, e potrebbero veramente bonificare in questo modo il territorio, non ha importanza il tempo occorrente, perché ogni palata di terra é una conquista territoriale sottratta al sistema di mercato. Io conosco la mia zona e so bene quanto spazio sarebbe disponibile a questo proposito, ma questo discorso si estende a qualsiasi altro territorio.
Nulla vieta, per esempio, che nella stessa fertile pianura Padana, definita con ragione un deserto coltivato a cereali, si possano acquistare i territori necessari per insediare delle oasi sperimentali, a parte il fatto che i costi sarebbero proibitivi. E' logico e scontato che i primi insediamenti sperimentali di sistemi federativi avverranno ai margini dell'economia capitalistica.
D'altra parte l'abbandono delle campagne, la progressiva desertificazione, l'incuria ecologica di questo sistema, lasciano ampi spazi ovunque nel pianeta, sia in paesi industrializzati sia paesi tecnologicamente sottosviluppati. Dato il suo carattere di autosufficienza, queste oasi comunitarie non hanno bisogno di servizi concessi dallo stato, per cui potrebbero funzionare ugualmente bene sia in una fertile valle, sia in un deserto roccioso opportunamente bonificato. Non si pensi che in quest'ultimo caso la popolazione vivrebbe in ristrettezze economiche, perché sarebbe comunque una struttura altamente tecnologica e l'isolamento geografico sarebbe superato con la collaborazione a distanza con altre oasi, in attesa che si arrivi all’autosufficienza alimentare con la bonifica del territorio. Ovviamente i tempi di ristrutturazione ambientale sono proporzionati all’utilizzo di tecnologia complessa.
Organizzazione di sostegno
Un altro problema importante é il reperimento dei fondi necessari per l’insediamento. Facendo dei conti approssimativi, il costo materiale di una singola oasi comunitaria sarebbe superiore ai cento milioni di euro, almeno dalle nostre parti, non tenendo conto della manodopera, che sarebbe ovviamente fornita dalle stesse persone che abiteranno l’oasi e da volontari dell’organizzazione esterna. Se suddividiamo questa cifra per il numero dei futuri abitanti della federazione, ne risulta che difficilmente una singola famiglia metterebbe a disposizione questi fondi, per realizzare un progetto che non offre matematiche garanzie di successo (oltretutto non si dovrebbe mettere le famiglie in condizioni di poter rivendicare un "pezzo" di oasi).
Un’organizzazione internazionale, invece, farebbe sì che i costi siano distribuiti in misura enormemente più allargata, facilitandone il finanziamento (senza potenziali "diritti di proprietà"). La contribuzione economica iniziale non sarà il solo compito che si farà carico l’organizzazione esterna, perché avrà pure la funzione di preparare culturalmente gli individui e le famiglie che dovranno dimorare in queste strutture comunitarie. Quando le federazioni saranno sufficientemente numerose cesserà gradualmente la necessità di un’organizzazione esterna, fino al suo esaurimento totale, ma si sarà formata nel frattempo un’organizzazione interna, che ne consentirà l’aggregazione coordinata in un unico sistema planetario. Ecco perché nessuna ipotesi di federazione potrà mai concretizzarsi, se non sarà nata prima un’organizzazione di sostegno.
D’altra parte per essere in qualche modo operativa, l’organizzazione non deve aspettare di aver raccolto i fondi necessari per realizzare le federazioni, ma può rendersi utile da subito, appena costituita, in vari modi. Suddividendosi in gruppi di attività, numericamente simili ai gruppi di raccoglitori, potrà diffondere il concetto di ecologia umana, raccogliere idee e informazioni in tutti i settori utili alla costruzione e il funzionamento di queste future esperienze comunitarie (non ultimo un progetto di realtà virtuale che simuli il funzionamento delle stesse), individuare i siti più idonei all’insediamento e, compito fondamentale, instillerà negli associati il desiderio di collaborare per un mutuo soccorso, per "resistere" alle vessazioni del sistema competitivo, in attesa che le federazioni siano realizzabili. Queste ultime non devono però funzionare per il sostegno di un’organizzazione esterna, perché non solo dovranno essere autosufficienti, ma dovranno avere un bilancio in attivo, per contribuire alla messa in opera di altre oasi comunitarie ed eventualmente sostenere la stessa organizzazione esterna. Lo scopo di quest’ultima é quello di dare l’avvio materiale a un numero sufficiente di comunità locali, affinché siano in grado di riprodursi da sole (come la manovella per mettere in moto il motore delle antiche auto).
Democrazia diretta
Se dovessimo dare una definizione della sua forma politica, potremmo dire che la federazione é una democrazia diretta, nel senso letterale del termine. Ogni gruppo fa riferimento a un "consiglio degli anziani", così come i gruppi della federazione faranno riferimento a un organo decisionale collegiale. Chi ci garantisce però che queste istituzioni non esercitino poi di fatto una dittatura sottratta ad ogni controllo democratico? Forse dovrebbero bastare come garanzia decine di migliaia di anni di esperienza umana. Il problema della prevaricazione di un individuo sull’altro é sorto con l’affermarsi di interessi economici privati, ossia con il concetto stesso di proprietà privata.
Ancora oggi gli ultimi uomini "liberi" (mi si perdoni l’esagerazione) hanno un "esecutivo" non molto ben definito, in quanto solo in particolari decisioni importanti per il gruppo viene riconosciuto un "capo". Di solito il consiglio degli anziani, che in pratica é l’assemblea dei capifamiglia, riesce a trovare un accordo unanime sul da farsi, senza nominare (temporaneamente) un "superpartes". Il "legislativo", poi, é del tutto inesistente: é la natura stessa a fare le leggi e nessun raccoglitore non si sognerebbe mai di metterle in discussione. Ora consideriamo che la federazione é l’associazione di gruppi (composti da famiglie legate da vincoli di parentela o di forte amicizia) di per sé giuridicamente autosufficienti.
L’assemblea centrale della federazione può intervenire sui gruppi ma non sugli individui, così come un consiglio planetario potrà intervenire giuridicamente sulle federazioni ma non sui gruppi e sugli individui. Federazione di gruppi in sostanza potrebbe significare assenza di governo e assenza di stato. Un sistema sociale che giuridicamente si autocontrolla dal basso, a livello di famiglie e di gruppi, renderebbe inutile qualsiasi forza governativa superiore. Se potessimo immaginare una nazione interamente composta da federazioni di questo tipo, non avrebbe nemmeno senso parlare di nazione o di stato: concetti culturali praticamente inapplicabili.
Potremmo immaginare che anche l’intero pianeta sia infine composto totalmente da federazioni di gruppi sociali, per cui il consiglio planetario avrebbe il solo compito di coordinare entità autosufficienti anche dal punto di vista giuridico, così come, similmente, il cervello coordina decine di migliaia di miliardi di cellule autosufficienti. Ci sarà da chiedersi a questo punto: una cellula é una libera "cittadina" o un suddito nei confronti del corpo umano? Dal mio punto di vista posso rispondere con una vecchia canzone di Giorgio Gaber: …"la libertà non é uno spazio libero, libertà é partecipazione"! Per questo penso che il gruppo sociale é la naturale espressione della libertà umana e la federazione ne é garanzia di stabilità.
Adesione consapevole
I membri di un gruppo sociale saranno comunque sudditi o cittadini della nazione nella quale la federazione é insediata, perché dovranno sottostare anch’essi, come tutti gli altri, alle leggi che lo stato promulga. Infatti, dal punto di vista giuridico, stando così le cose, la federazione, sarebbe soltanto un agglomerato di popolazione che ha in gestione un determinato territorio nazionale (come può esserlo un comune) e deve rispettare le leggi e le istituzioni dello stato.
Sarebbe oltremodo inutile e controproducente ostinarsi a rivendicare un’effettiva autonomia politica. Se lo stato mi obbligasse a pregare cinque volte al giorno in direzione della Mecca, o di farmi il segno della croce prima e dopo i pasti, oppure fare l’alzabandiera e relativo saluto, allora io prego, mi faccio il segno della croce e saluto la bandiera. Sono però consapevole che sono solo gesti formali (o meglio, una deformazione culturale) che non potranno intaccare l’ecologia sociale degli abitanti della federazione. Non ci sono leggi che di fatto impediscono di coalizzare famiglie e individui in gruppi e questi in federazioni.
Il problema non é tanto come liberare l'intera umanità dalla schiavitù economica e culturale del sistema di mercato, perché dovrà essere la gente, consensualmente e individualmente, a decidere di liberarsi da sola. Ciò da cui non si potrà prescindere é che qualsiasi cambiamento utile in direzione di un’ecologia sociale umana, dovrà necessariamente essere un’entità autosufficiente formata da gruppi stabili, anzi, da una federazione di gruppi.
Questa é la nostra natura genetica, che fortunatamente non si modifica al ritmo dei cambiamenti culturali. Forse il nostro ruolo finale nell’ecosistema di "Gaia" sarà quello di tornare ad essere dei raccoglitori, senza far uso di tecnologia complessa, in un ambiente naturale completamente ristrutturato che avremo il compito di conservare. Ora, però, abbiamo davanti problemi completamente diversi, come progettare un modo di vivere ecologicamente e socialmente sostenibile, scevro da violenze e prevaricazioni, nel pieno rispetto dell’essere umano, combattendo nell’unico modo possibile la "civiltà". "Chi ben comincia é già a metà dell’opera" e da qualche parte bisogna pur cominciare. Queste esperienze comunitarie possono davvero diventare gli "embrioni" di una rinascita ecosociale.
Il deserto fiorirà
Anche se la tecnologia complessa non é indispensabile per l’affermazione della natura sociale umana, solamente col suo sostegno si potranno realizzare quelle grandi opere di bonifica ambientale a livello planetario. Naturalmente la tecnologia da sola non é sufficiente a questo scopo ma é necessaria una nuova struttura sociale che la guidi, lo dimostra il fatto che il sistema competitivo non solo non é in grado di fare alcuna bonifica, ma continua a produrre danni all’ambiente e all’ecologia sociale umana. Come sarà possibile, ad esempio, fermare la desertificazione e rinverdire un deserto? Un deserto é considerato tale perché c’é assenza o insufficienza di acqua. In realtà sulla superficie del pianeta c’é più acqua che terra, ma nella quasi totalità si tratta di acqua salata, deleteria per la vegetazione. Si tratterebbe di dissalare l’acqua del mare e convogliarla all’interno per irrigare il deserto.
Ovviamente ciò non viene fatto perché c’é un grosso squilibrio tra costi e ricavi, che disincentiva quest’opera da parte di società private o nazionali. Immaginiamo, però, un’organizzazione internazionale "no profit" che acquista dei terreni costieri deserti (che hanno prezzi abbordabili) per installare degli impianti di desalinizzazione dell’acqua marina. L’energia necessaria sarebbe ricavata col sistema fotovoltaico o direttamente dal concentramento del calore solare, vista l’abbondanza del sole nel deserto. L’acqua dolce modellerebbe presto l’ambiente, rendendolo ospitale per insediarvi delle oasi comunitarie. L’obiettivo non é solo l’autosufficienza di oasi costiere, ma utilizzare queste come cellule specializzate nella produzione di acqua dolce, che sarebbe convogliata sempre più all’interno, permettendo la creazione di altre oasi. I costi degli impianti idraulici e di desalinizzazione (che sono elevati e il rapporto costi-ricavi é all’inizio enormemente sproporzionato) verrebbero ammortizzati man mano crescerà il numero di federazioni già attive e autosufficienti.
Col sistema di lavoratori esterni temporanei le singole oasi avrebbero un bilancio in attivo, con un utile per la gestione degli impianti e per nuovi insediamenti. La velocità di bonifica del deserto aumenterebbe progressivamente e la riforestazione andrebbe a modificare il clima locale. Ora rapportiamo il tutto al corpo umano per farne un paragone. Un’aggregazione coordinata di cellule può costituire una ghiandola, con l’incarico specializzato di secernere una sostanza chimica utile all’intero organismo. Così il gruppo di federazioni costiere funzionerà come una ghiandola che produce acqua per le proprie necessità e per le necessità altrui.
Lo stesso discorso può valere se nel territorio di un’oasi comunitaria é presente in abbondanza un qualsiasi elemento di effettiva utilità generale. Dove é abbondante la sabbia sono abbondanti il silicio e altri minerali vetrosi, indispensabili per la produzione di celle fotovoltaiche. E’ in questi luoghi che sarà conveniente installare impianti per la produzione di pannelli per l’energia solare. Dove c’è acqua (anche quella dissalata) ed energia solare ci sarà produzione di ossigeno e idrogeno liquidi. Ecco allora che questa zona non sarà più una semplice ghiandola, ma un organo intero o addirittura un apparato al servizio dell’intero corpo.
Con lo stesso criterio possono essere installate oasi nelle foreste più impervie. Qui le produzioni di utilità collettiva saranno diverse, come per esempio l’estrazione di principi attivi vegetali per la produzione di medicinali indispensabili o il campionamento di biodiversità destinato alla ricerca. Ogni federazione dovrebbe funzionare come una cellula specializzata del corpo umano, secondo le caratteristiche dell’ambiente d’insediamento.
Tutto dovrà avvenire al di fuori della logica della competizione di mercato e niente di quello che sarà prodotto dovrà essere venduto o barattato nel mondo esterno, ma solo distribuito tra le oasi secondo le necessità. E’ questo il rapporto di collaborazione esistente tra le cellule del corpo umano. Sarà solo il lavoro ad essere scambiato, o meglio, i lavoratori esterni temporanei, che in parte lavoreranno nelle imprese private o pubbliche del sistema metropolitano per acquisire valuta corrente, in parte presteranno la loro opera in oasi specializzate per la produzione di un bene utile all’organismo intero.
I lavoratori addetti agli impianti di desalinizzazione, all’estrazione mineraria, alle produzioni industriali, ecc. saranno tutti lavoratori temporanei che arrivano da altre oasi, che saranno ospitati nella struttura residenziale della comunità. La popolazione residente continuerà normalmente a svolgere tutte le operazioni quotidiane necessarie all’adattamento all’ambiente del territorio e al soddisfacimento dei propri bisogni immediati, senza interferire con le produzioni specializzate, che avverranno nel territorio comunitario delle singole oasi.
Specializzazione delle federazioni
Le cellule del nostro corpo sono fortemente specializzate, ma esiste tra esse un centralismo politico ed economico? Il nostro corpo ha un cervello che, attraverso ramificazioni nervose, tiene i contatti con tutte le altre cellule. E' curioso notare, però, che é solamente un controllo politico ma non economico, perché ogni cellula é una struttura economicamente autosufficiente. Il cervello non interferisce sul metabolismo delle singole cellule, ma chiede ad ognuna di loro una certa quota di lavoro utile per tutto l’organismo. E’ quindi naturale l’esistenza di un’organizzazione internazionale delle federazioni, che coordini le attività industriali di utilità generale, tuttavia senza interferire nelle vicende interne delle singole realtà locali.
L’unico obbligo di una comunità locale verso il nascente sistema planetario sarà quello di fornire un certo numero di giovani lavoratori per un tempo determinato, per avere in cambio tutta l’assistenza e la tecnologia necessaria al suo funzionamento. Certo ai tropici o in zone montane ci saranno esigenze ambientali diverse da quelle dei climi temperati o delle zone desertiche, per cui il traguardo dell’autosufficienza potrà avvenire in modi del tutto differenti, ma ci sono punti fondamentali che tutte le esperienze comunitarie, che vorranno far parte di un organismo internazionale, dovranno avere in comune.
Tutto si può riassumere nel rispetto dell’ecologia sociale umana, determinato dalle caratteristiche genetiche della nostra specie, una volta rispettate queste regole non ci sarà bisogno di cavillare dettagli a tavolino: ogni comunità sarà libera di decidere le sue modalità di adattamento. Con la nascita di federazioni autonome inizierà la costituzione del sistema planetario (il vertice della piramide della natura) e inizierà nel contempo la "perdita d’identità" delle federazioni stesse. Per aggregarsi tra loro le federazioni dovranno infatti specializzarsi e adattarsi alle esigenze di questo organismo internazionale in crescita: si ripeterà dunque il processo evolutivo per il conseguimento di un livello superiore.
A questo proposito ancora due considerazioni. La prima cosa evidente é che i gradini della piramide della natura vengono scalati a velocità crescente, perciò non dovremo aspettare migliaia di anni per vedere realizzato il sistema planetario a partire dalle prime federazioni. Come seconda cosa dobbiamo considerare che l’evoluzione della natura non avviene in modo omogeneo e contemporaneo, per cui potrebbero realizzarsi le prime federazioni quando ancora saranno presenti gruppi sociali di raccoglitori-cacciatori. A questo punto, per concludere, si può affermare che non é necessario aspettare particolari condizioni politiche, sociali, economiche o ambientali favorevoli per agire. Si può iniziare da subito, basta volerlo, semplicemente ignorando le condizioni mutevoli della "civiltà" e affidandoci, invece, alla nostra innata socialità. 



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