giovedì 6 dicembre 2012

Lo Swadeshi di Gandhi: l'alternativa alla globalizzazione

Swadeshi significa autosufficienza, autonomia economica dei villaggi.
E’ l’opposto del concetto di globalizzazione dell’economia e proprio per questo ne rappresenta l’alternativa : questo documento, estratto da un testo redatto dallo scrittore S. Kumar, approfondisce il concetto Swadeshi parlando principalmente della realtà indiana ma la filosofia di base, autonomia e autogestione dei villaggi, è riportabile a tutte le realtà del globo, compresa quella occidentale. Per un mondo unito nella diversità.
 
“Secondo il principio swadeshi, tutto ciò che viene prodotto nel villaggio deve essere usato soprattutto dai membri del villaggio. Il commercio fra villaggi o quello fra villaggio e città dovrebbe essere minimo, quasi un’eccezione. Swadeshi evita la dipendenza economica da mercati esterni poichè essa potrebbe rendere vulnerabile la comunità villaggio. Il villaggio deve costruire una solida base economica per soddisfare la maggior parte dei suoi bisogni e tutti i membri della comunità-villaggio dovrebbero dare la priorità alle merci e ai servizi locali. Ogni comunità-villaggio dell’India libera dovrebbe essere un microcosmo dell’India, una rete di comunità liberamente interconnesse. Gandhi considerava questi villaggi così importanti che pensava che dovrebbe essere dato loro lo status di “Repubbliche Villaggio”.
La comunità villaggio dovrebbe essere l’espressione dello spirito familiare, un’estensione della famiglia piuttosto che una collezione di individui in competizione fra loro. Il sogno di Gandhi non era quello dell’autosufficienza individuale e neanche dell’autosufficienza familiare ma dell’ autosufficienza della comunità villaggio.
I britannici credevano in metodi di produzione centralizzati, industrializzati e meccanizzati. Gandhi rovesciò questi principi e intravvide modi di produzione decentralizzati, domestici, artigianali. Disse: “Non produzione di massa ma produzione delle masse”.
Adottando il principio di produzione delle masse, le comunità villaggio sarebbero state in grado di restituire dignità al lavoro fatto con le mani. Vi è un valore intrinseco in ciò che viene fatto con le proprie mani; consegnando il lavoro alle macchine perdiamo non solo i benefici materiali ma anche quelli spirituali, poichè il lavoro manuale porta con sè meditazione e soddisfazione personale.
La produzione di massa si interessa solo del prodotto, mentre la produzione delle masse si interessa del prodotto, dei produttori e del processo. La forza trainante dietro la produzione di massa è il culto dell’individuo.
Quale può essere il desiderio dell’ espansione dell’economia su scala globale, se non il desiderio per il profitto personale e corporativo?
Al contrario un’economia su base locale promuove lo spirito, le relazioni e il benessere comunitario: tale economia incoraggia l’aiuto reciproco. I membri del villaggio si prendono cura di se stessi, delle famiglie, dei vicini, degli animali, delle terre, delle foreste e di tutte le risorse naturali per il beneficio delle generazioni presenti e future. La produzione di massa porta le persone a lasciare i villaggi, le terre, i loro mestieri, le fattorie, per andare a lavorare nelle fabbriche. Invece di esseri umani con una dignità in una comunità che si autostima, la gente diventa un ingranaggio della macchina, davanti ad una catena di montaggio, vivendo nei ghetti delle città, dipendendo dalla pietà dei padroni.
Un numero sempre più esiguo di persone sono richieste nella produzione, poichè gli industriali vogliono una produttività sempre più alta . I padroni dell’economia monetaria vogliono macchine sempre più efficienti e veloci e il risultato sarà che uomini e donne resteranno disoccupati e considerati scarti della società. Una tale società genera milioni di persone senza radici e lavoro che dipendono dallo stato o che praticano l’accattonaggio.
Non ci può essere vera pace nel mondo se guardiamo gli altri paesi come fonte di materie prime o come mercati per i prodotti finiti dell’industria. Il seme della guerra viene seminato dall’avidità economica. “C’è abbastanza per soddisfare i bisogni di ognuno ma non abbastanza per l’avidità di ognuno” disse Gandhi.
Swadeshi è quindi un prerequisito indispensabile della pace.
Swadeshi è la via della vera pace: la pace con se stessi , fra i popoli e con la natura. L’economia globale spinge le persone verso la massima efficienza, l’alto rendimento, e all’ambizione personale. I risultati sono lo stress, la mancanza di valori e di pace interiore, la perdita di spazi per i rapporti personali e familiari e della vita spirituale.
In India ogni villaggio aveva i suoi filatori, cardatori, tintori e tessitori, che rappresentavano il cuore dell’economia del villaggio. Quando l’India fu invasa da tessili fatti a macchina, meno costosi e prodotti in massa, provenienti dall’ Inghilterra, gli artigiani tessili locali furono estromessi dal business e l’economia del villaggio ne soffrì enormemente.
Gandhi credeva importante che l’industria fosse risanata e lanciò una campagna per arrestare l’influsso di tessuti britannici. Grazie a questo sforzo, centinaia di migliaia di intoccabili e Indù delle caste si unirono per disfarsi dei vestiti importati dall’ Inghilterra o dalle industrie delle città, imparando a filare e a tessere le stoffe.
Il filatoio divenne il simbolo della libertà economica, dell’indipendenza politica e della compattezza della comunità senza classi.
Secondo Gandhi, i valori spirituali non dovevano essere visti come separati dalla politica, dall’economia, dall’ agricoltura, dall’educazione e da tutte le altre attività della vita quotidiana. In questo modello integrato non esiste un conflitto tra ciò che è spirituale e ciò che è materiale. Un tale distacco tra religione e società genererà la corruzione, l’avidità, la competizione, la sete del potere e lo sfruttamento dei deboli e dei poveri.
Qualcuno ha chiesto a Gandhi: “Che cosa pensa della civiltà occidentale?” Lui ha risposto semplicemente: “Se ci fosse, non sarebbe una cattiva idea”.
Per Gandhi una civiltà delle macchine non era civiltà. Non poteva concepire come civile una società in cui i lavoratori dovevano sudare in catena di montaggio, in cui gli animali erano trattati con crudeltà negli allevamenti intensivi e in cui l’attività economica portava inevitabilmente alla devastazione ecologica.
Il mondo naturale si trasformerebbe inevitabilmente in deserto e le città in giungla di cemento. In altre parole, la società dell’industria globale, a differenza di una società costituita da comunità sostanzialmente autonome che adottano il principio dello swadeshi, non è sostenibile. Swadeshi era un principio religioso per Gandhi, altrettanto sacro quanto i principi della verità e della non violenza.
Colonialismo senza colonizzatori Seppur indipendente, oggi si continua a governare l’India secondo il modello inglese. Questa è la sua tragedia e non se ne vede la fine. Gli industriali, gli intellettuali e gli imprenditori, d’accordo col governo, vedono ancora la salvezza dell’India nella sua soggezione alla politica della Banca Mondiale e dell’OMC.
Ciononostante, sta crescendo rapi-damente l’insoddisfazione del popolo indiano. Come aveva previsto il Mahatma Gandhi, il corpo politico è oggi corrotto.
I poveri sono più poveri che mai e i contadini protestano contro il monopolio dei semi da parte delle società multinazionali. L’economia globale dell’OMC è costruita su basi poco solide: sebbene essa possa sembrare padrona della situazione, non gode del sostegno di base e man mano che rivelerà la sua vera natura, il popolo indiano, per il quale l’insegnamento di Gandhi vive sempre nella memoria, reagirà con-trastandola e riabbraccerà lo swadeshi per la riaffermazione della propria cultura, della comunità e della propria vita. L’insegnamento dello swadeshi potrebbe essere portatore di speranza per una economia a lungo termine anche in occidente, una volta che l’imbroglio della crescita economica e dell’industria-lizzazione venga rivelato.”

Fonte: http://www.ecn.org/molino/giornale/numero6/swadeshi.htm

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